Gli immigrati a livello globale continuano a crescere, rappresentando oggi il 3,2% della popolazione globale, ovvero circa 216 milioni, secondo gli ultimi dati ufficiali della Banca mondiale. Le rimesse sono pertanto un mercato che resiste alla congiuntura economica attuale, in quanto prima risorsa di sostegno del reddito familiare nei paesi di origine, spesso in via di sviluppo dove sono necessari investimenti per salute, educazione primaria e piccole attività commerciali. Certo, dopo 5 anni di costante crescita, anche le rimesse all’estero degli immigrati stranieri in Italia nel 2012 hanno subito una flessione, circa l’8%, pari a 6,8 miliardi di euro, rispetto al record di 7,4 miliardi registrato nel 2011. Ma per il 2013 e gli anni a venire i dati saranno di nuovo con il segno più. A dirlo è l’indagine condotta da Western Union sulle statistiche della Banca d’Italia, di quella mondiale e dell’Eurostat. Il calo è attribuibile alla diminuzione dell’occupazione fra gli immigrati nello stivale nel biennio 2010-2011, durante il quale, a detta dell’Ocse, la discesa è stata di circa il 3,3%, quasi il triplo rispetto all’1,2% dei “nativi locali”.
Se in passato i soldi si trasferivano con la valigia, a fine 2012 le analisi ci dicono che più della metà degli immigrati sceglie di inviare il denaro in patria con i money transfer (Western Union, MoneyGram, Ria) e il 20% si rivolge agli sportelli bancari. Ecco che i money transfer ultimamente si stanno muovendo verso le banche e le poste per firmare accordi, come per esempio Wester Union con Intesa Sanpaolo o MoneyGram con Poste Italiane.
La geografia dei trasferimenti
In Europa il money transfer da e verso l’estero ha raggiunto quasi la soglia dei 40 miliardi di euro nel 2011, il 2% in più del 2010. Le rimesse generate da lavoratori extra-europei (28,5 miliardi di euro) rappresentano tre quarti del totale e hanno registrato un incremento del 3% nel 2011. I flussi interni all’Europa, invece, sono rimasti stabili a 10,7 miliardi di euro. L’Italia copre una fetta importante di questo mercato. Seconda solo alla Francia, l’Italia rappresenta il 19% del fenomeno di money transfer, spedendo verso i paesi di origine 7,4 miliardi di euro, contro i 9,7 miliardi di euro francesi. Le principali destinazioni del denaro che parte dalle casse domestiche sono le città delle est Europa, come Romania e Ucraina in testa, dell’Africa, soprattutto Marocco e Senegal, e dell’America Latina e sud-est asiatico.
Se invece ci allontaniamo dal contesto italiano, la classifica dei paesi cambia, con l’India e la Cina in testa che ricevono dai 70 ai 66 miliardi di dollari rispettivamente nel 2012, seguiti da Filippine, Messico e Nigeria con cifre però molto più basse (24/21 miliardi di dollari nel 2012). Inoltre, per alcuni paesi le rimesse rappresentano una quota rilevante del prodotto interno lordo: Tagikistan (47%), Liberia (31%), Repubblica Kirghisa (29%), Lesotho (27%), Moldavia (23%), Nepal (22%) e Samoa (21%).
Più sicurezza
Su ogni invio di denaro, ciascun paese prevede delle commissioni differenti, contenute in un range di un minimo dell’1,5% a un massimo del 4% circa. La variazione è sulla base delle norme interne, dell’importo trasferito e del tempo della consegna. Inoltre, il servizio in termini legali prevede un tetto massimo di invio pari a mille euro settimanali, ma la Banca d’Italia non stima cifre superiori a 300/350 euro a volta.
In più, si stanno implementando delle regole interne limitative a fronte delle numerosi operazioni fraudolente e sospette che si sono verificate negli ultimi anni e che la stampa ha reso note. Ecco che per ogni operazione il cliente deve presentare almeno un documento valido di riconoscimento ufficiale, ossia passaporto, carta d’identità, patente di guida o permesso/carta di soggiorno rilasciato dall’Italia.
Leggi l’articolo "Se l’emigrante fa bene al Pil" su Morningstar Investor.
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