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Speed e dark dopano i mercati

Il trading ad alta velocità e le piattaforme anonime di contrattazione, spiegano gli operatori, manipolano le quotazioni e rendono la vita più dura agli investitori retail.  

Marco Caprotti 23/01/2013 | 14:31
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Ok la crisi finanziaria. Va bene la tempesta del debito. Tutti d’accordo sul rallentamento della Cina rispetto alla corsa di pochi anni fa. Ma sul mercato ci sono altri pericoli che minacciano gli investitori e che, secondo alcuni operatori, avrebbero bisogno di controlli più severi. Le insidie maggiori, al momento, sono rappresentate dall’high frequency trading (o speed trading contrattazioni ad alta velocità) e dalle cosiddette dark pool (letteralmente piscine oscure, dove si tengono transazioni, spesso high speed, nel più completo anonimato).

La questione di un attimo
L’high frequency trading sfrutta l’intervallo temporale (si parla di nanosecondi) che passa fra l’immissione di un ordine all’interno del sistema dei mercati e il momento in cui questa operazione viene conosciuta da tutti gli operatori. In quel lasso di tempo lo speed trader inserisce le sue richieste di acquisto o di vendita in anticipo rispetto al resto degli operatori. Si tratta di attimi che possono fare la differenza. Nessun operatore, per quanto bravo, potrebbe fare questo con le sue sole forze. Per riuscirci deve utilizzare software che sfruttano complicati algoritmi.

Ormai non è più un fenomeno di nicchia. Secondo un calcolo del Nasdaq, il volume giornaliero delle contrattazioni effettuate sulla piattaforma dei titoli tecnologici a inizio gennaio era pari a 50 miliardi di dollari. Dati simili sono stati registrati da piazze come il Nyse/Euronext, Bats e DirectEdge. L’evoluzione di questo modo di “tradare” (per dirla con il gergo delle sale operative), va di pari passo con quella dei computer e della fibra ottica. Secondo un calcolo del New York Post, al New York Stock Exchange ci sono circa 300 trader che utilizzano ancora le grida. Nel 2007 erano 3mila. E secondo alcuni osservatori questi sopravvissuti spariranno completamente quando la fusione fra il Nyse e Intercontinental Exchange sarà pienamente operativa.

 Come tutte le pratiche, anche l’high speed trading ha sostenitori e detrattori. I fan dicono che questo modo di operare aumenta la liquidità del sistema finanziario, grazie a una maggiore operatività e ai costi più bassi. Un elemento che, alla fine, invita nuove aziende a quotarsi. I critici rispondono che questo modo di operare aumenta la fragilità del sistema dei mercati e che gli speed trader guadagnano a spese degli investitori con strategie di lungo periodo.

A dare manforte a questa seconda scuola di pensiero ci sono stati anche alcuni crack. Ad agosto un difetto al software per l’high frequency trading utilizzato da Knight capital group ha generato perdite per 641 milioni di dollari che hanno spinto la società a chiudere i battenti. L’azienda è stata poi acquistata dalla concorrente Getco Holding per 1,4 miliardi di dollari. Un prezzo che sottolinea l’interesse del mondo finanziario per questo tipo di trading. La paura di errori generati dal computer si è ripresentata all’inizio di questo mese quando Bats Global Markets, la quarta Borsa degli Usa, ha annunciato che un errore nel suo sistema ha provocato sbagli in almeno 440mila contrattazioni a partire dal 2008. Una frazione infinitesimale rispetto ai volumi di trading della piattaforma. Ma resta il fatto che qualcuno ci ha perso dei soldi.

 Le proposte per regolamentare questo modo di operare non mancano. Secondo Krista Schwarz, professore di finanza alla Wharton (il dipartimento di economia dell’Università della Pennsylvania) si potrebbe limitare il numero degli ordini di compravendita inseriti in ogni secondo, applicare delle commissioni sulle cancellazioni degli ordini ad alta velocità inseriti un momento prima (un elemento che spesso fa saltare le valutazioni) e obbligare i trader a rispettare gli ordini di acquisto per almeno mezzo secondo prima di cancellarli. Tutti sistemi che, secondo la docente, aiuterebbero a riportare un po’ di ordine sui mercati. Gli amanti della velocità rispondono che i mercati sono campi dove vincono i giocatori che hanno migliori capacità (anche tecnologiche) e che non si può riportare indietro l’orologio delle innovazioni.

Un tuffo nel buio
Questo punto di vista piace a quanti lavorano nelle dark pool, piattaforme finanziarie esterne ai circuiti regolamentati, dove si scambiano massicci ordini in forma anonima e in cui si fa largo uso dello speed trading. Un fenomeno in costante crescita: negli ultimi tre anni la liquidità cosiddetta dark è cresciuta di quasi il 50% e oggi forma circa un terzo dei volumi scambiati negli Usa (e un valore simile in Europa).

I meccanismi principali con cui operano sono due: ci sono gli intermediari finanziari che incrociano gli ordini di vendita e di acquisto che ricevono in casa, senza passare da un mercato regolamentato oppure ci sono segmenti di mercati borsistici in cui l’ente gestore propone un servizio di incrocio passivo, in cui il prezzo degli strumenti viene determinato altrove, nel caso specifico nei mercati regolamentati. In entrambi i casi le negoziazioni non sono rintracciabili e avvengono in forma totalmente anonima. Nel primo caso si tratta di un’attività più tradizionale, anche se fino al 2007 in Europa era vietata. Ora, è consentita a determinate condizioni. Nel secondo caso, invece, si parla di un tipo di piattaforma indipendente, frequentata da grandi investitori istituzionali.

Utilizzando questi mezzi, gli operatori minimizzano il cosiddetto market impact, uno dei più importanti costi impliciti di negoziazione per gli investitori istituzionali. Ogni volta che un soggetto esegue un ordine di acquisto o di vendita superiore alla media di mercato, muove il prezzo in suo sfavore. Questo non succede nelle dark pools, dove non si sa quanto si compra e si vende e chi lo sta facendo. Il market impact ha un effetto maggiore sugli scambi di titoli poco liquidi.

Secondo uno studio del Cfa Institute (che ha analizzato l’operatività su 450 titoli americani dal primo trimestre del 2009 al terzo quarter del 2011) le dark pool dovrebbero, volontariamente, migliorare la trasparenza delle loro operazioni per permettere agli altri investitori e alle autorità di controllo di prendere decisioni ragionate sul loro utilizzo. Questo potrebbe portare a una concorrenza più giusta e dare maggiore protezione agli investitori retail che operano sui mercati pubblici e regolamentati. Per il Cfa l’aumento delle contrattazioni nelle dark pool ha come effetto immediato un aumento della liquidità. Ma quando la maggior parte del trading avviene in maniera anonima, allora la qualità del mercato peggiora. Ad esempio: quando le dark pool iniziano a operare su un azione la differenza fra il prezzo della domanda e quello dell’offerta diminuisce portando vantaggi a tutti gli operatori di mercato. Ma quando l’attività anonima sulle stesse azioni cresce, allora il rapporto si inverte. E a rimanere con il cerino in mano sono gli operatori retail e tutti quelli che operano su mercati regolamentati più lenti.

 

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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