I consumi dei paesi emergenti restano un tema di investimento “caldo”, nonostante il rallentamento della congiuntura globale. I principali paesi, come Brasile, Russia, India e Cina hanno intrapreso un processo di ribilanciamento delle loro economie, da un modello di crescita basato soprattutto sulle esportazioni a uno orientato sulla spesa interna. Nel 2012 non sono mancate le battute d’arresto, in particolare nell’ex celeste impero, ma anche in India e Brasile.
Un futuro migliore
I consumatori delle aree in via di sviluppo, che sono oltre 3,3 miliardi di individui, sono tornati ad essere fiduciosi nel futuro. Secondo un rapporto di Credit Suisse (basato su interviste a più di 14 mila individui condotte da Nielsen), il 37% è convinto che la propria situazione finanziaria migliorerà nei prossimi sei mesi, contro il 9% che si attende un peggioramento (nel 2012 i pessimisti erano il 3% in più). Il quadro, tuttavia, è eterogeneo, più roseo in Brasile, Cina, Indonesia ed Arabia Saudita e meno in Sud Africa, Russia e Turchia.
L’elemento chiave è la distribuzione del reddito. I paesi dove ci sono forti attese per un aumento del benessere sono quelli dove c’è anche più ottimismo. Lo stesso discorso vale per gli individui che hanno più aspettative di incrementare i loro stipendi, con una concentrazione nelle fasce giovani della popolazione lavorativa.
Consumi senza debiti
L’indagine rivela, in particolare, il ritorno alla spesa per beni discrezionali, che era stata messa in secondo piano a causa dell’impennata dei prezzi del cibo e della debolezza di alcune valute. I settori più promettenti sono la tecnologia, grazie a tablet, smartphone e al maggiore accesso a Internet, l’auto (soprattutto in Brasile, Turchia e Cina), la produzione di carne e alimenti proteici, l’immobiliare. A differenza dei paesi sviluppati, l’incremento dei consumi non coincide con quello dei prestiti, perché i bilanci familiari risultano in salute. Queste dinamiche offrono un potenziale di crescita tanto per le aziende locali quanto per i marchi globali, pronti ad acquisire società più piccole per avere una quota di mercato.
Chi ha sposato i consumi
Il tema della crescita della domanda interna è stato la chiave del successo di alcuni fondi specializzati sui mercati emergenti, come emerge da una recente analisi di Morningstar. E’ il caso, ad esempio, di Aberdeen Global emerging markets equity, a cui Morningstar attribuisce il massimo del rating (Gold). Sempre della stessa casa di investimento, il Global Asian smaller companies, ha un portafoglio di 50-70 titoli di medio-piccola capitalizzazione esposti alle dinamiche interne dei paesi asiatici. Tra i fondi con il patrimonio più grande, JPMorgan Emerging markets equity, rating Bronze, preferisce le aziende orientate ai consumi domestici a quelle dell’industria delle materie prime.
I veterani dell’Asia
Tra i primi a credere nello sviluppo asiatico è stato Mark Mobius, che ha cominciato ad investire nell’area nel 1987. Il “suo” Templeton Asian growth, medaglia di bronzo, ricerca società orientate alla crescita spingendosi fino ai mercati di frontiera. E’ un veterano dell’area anche Allan Liu, gestore di Fidelity South East Asia, che dagli anni Novanta ricerca titoli con valutazioni attraenti e ottime prospettive di utili, esposti ai macro-trend più promettenti del continente.
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