Mercati mondiali, maneggiare con cura

Fmi e Banca mondiale hanno rivisto al ribasso le previsioni sull'andamento congiunturale globale. E' presto per veder tornare l'appetito per il rischio. Molto dipenderà da Europa e Usa. 

Marco Caprotti 28/01/2013 | 14:18
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La parola d’ordine che circola fra le grandi istituzioni finanziarie internazionali quando si parla di stime sulla crescita globale è “ridimensionare”. L’Europa continua a pesare sulle prospettive dell’economia mondiale nonostante i netti miglioramenti registrati nell’ultimo periodo che tuttavia non hanno eliminato del tutto i fattori di incertezza. Nel frattempo gli operatori si godono il +3% circa fatto segnare dall’indice Msci World nell’ultimo mese (fino al 25 gennaio e calcolato in euro) che si va ad aggiungere al +14% registrato nel 2011. Il futuro appare meno brillante di quanto ci si attendeva alla fine dell’anno scorso.

Secondo l’ultimo World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale, ad esempio, l’economia globale è prevista in crescita del 3,5% nel 2013, un decimo in meno delle stime di ottobre, mentre nel 2014 la crescita avverrà al ritmo del 4,1% contro il 4,2% previsto tre mesi fa. “La crescita globale aumenterà nel corso del 2013 man mano che i fattori di debolezza sottostanti inizieranno a recedere”, spiega il documento. “Tuttavia questa ripresa sarà più graduale di quanto previsto a ottobre. Le misure adottate hanno ridotto i rischi più gravi di crisi nell’Eurozona e negli Stati Uniti, ma in Europa il ritorno alla crescita, dopo una fase prolungata di contrazione, è slittata nel tempo”. Per gli Usa, il Fondo vede ora una crescita del 2% nel 2013 (-0,1% da ottobre) e del 3% nel 2014 (+0,1%), mentre l’Europa accuserà una flessione dello 0,2% quest’anno per tornare alla crescita con un +1% l’anno prossimo.

Per il Giappone le stime sono di un +1,2% nel 2013 e di un +0,7% nel 2014. “Se i rischi di crisi non si materializzeranno e le condizioni finanziarie continueranno a migliorare allora la crescita globale potrebbe essere più forte del previsto”, continuano dal Fondo. “Tuttavia i rischi di un peggioramento rimangono significativi, inclusi possibili passi falsi nell’Eurozona e un eccessivo consolidamento fiscale di breve termine negli Stati Uniti. Misure appropriate devono essere adottate per far fronte rapidamente a questi rischi”.

Emergenti a rilento
Le economie emergenti dovrebbero registrare una crescita pari al 5,5% nel corso del 2013 con un'accelerazione al 5,9% nel 2014. In particolare, per la Cina il Fondo prevede una crescita dell’8,2% nel 2013 (contro il 7,8% del 2012), e dell’8,5% nel 2014 mentre per il Brasile le proiezioni sono di un +3,5% quest’anno e di un +4% il prossimo. Nonostante il miglioramento delle prospettive per i mercati emergenti, l’Fmi ha voluto mettere in guardia dall’attendersi un ritorno agli alti ritmi di crescita registrati nel biennio 2010-11. “Le politiche di sostegno hanno fornito la base per gran parte della recente accelerazione delle attività in molte economie, ma la debolezza nelle economie avanzate peserà sulla domanda esterna” e in particolare sulle economie dei paesi esportatori di commodity, visto le previsioni di un calo dei prezzi del petrolio messe in preventivo dal Fondo per il prossimo biennio.

La sirena della Banca Mondiale
Un allarme è arrivato anche dalla Banca mondiale che ha tagliato le stime di crescita dell’economia mondiale per il 2013 a +2,4% dal +3% precedentemente previsto. Le economie avanzate cresceranno dell’1,3%, meno dell’1,9% stimato in precedenza. Quelle emergenti miglioreranno invece del 5,5% contro il 5,9% precedentemente previsto. Il Pil (Prodotto interno lordo) dell’area euro si contrarrà nel 2013 dello 0,1% e l’istituto esprime preoccupazione anche per l’incertezza sulle finanze pubbliche degli Stati Uniti. “Per i paesi in via di sviluppo niente è più importante di un’economia americana stabile”, spiega lo studio della Banca mondiale, sottolineando che per le economie avanzate “la riduzione del deficit e del debito, il tasso di disoccupazione elevato e la debole fiducia continueranno a pesare sull’economia”. La sirena suona anche per gli emergenti, motore dell’economia mondiale. “Per continuare a crescere rapidamente, i paesi in via di sviluppo devono mantenere lo slancio di riforme che ha sostenuto l’accelerazione della loro crescita fra il 1990 e il 2000”.

Le scelte operative
Che posizione assumeranno gli investitori in questo scenario? “I mercati del credito, in particolare le obbligazioni societarie ad alto rendimento e i titoli di debito dei mercati emergenti, hanno registrato ottimi rendimenti nel 2012 e dovrebbero continuare a fornire risultati positivi anche nella prima parte del 2013”, spiega uno studio firmato da Christophe Bernard, Chief strategist di Vontobel. “Ma se lo scenario dovesse cambiare, le conseguenze sarebbero di vasta portata. I flussi verso i cosiddetti investimenti sicuri, come i Treasury statunitensi, i Bund tedeschi, gli Eidgenossen svizzeri, l’oro o i franchi svizzeri dal 2008 hanno registrato un andamento sbalorditivo. È troppo presto per ipotizzare che le azioni possano beneficiare di un’uscita su larga scala dagli investimenti sicuri. Tuttavia uno sviluppo favorevole dell’economia statunitense renderebbe più probabile questo scenario (che noi al momento non consideriamo principale). Se l’economia statunitense prendesse il volo nella seconda metà del 2013, la disoccupazione registrasse un netto calo, la Federal Reserve sospendesse le sue misure straordinarie di liquidità (QE3) e la politica del tasso zero, il secolare mercato rialzista dei titoli di stato, che dura da 30 anni, potrebbe volgere al termine. La recente insensibilità del prezzo dell’oro di fronte all’allentamento delle condizioni monetarie negli Stati Uniti e in Giappone potrebbe essere un segnale dei futuri sviluppi”.

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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