L'America latina si ricorda degli Usa

L'indice Msci della regione emergente sale, ma le esportazioni languono. L'area continua ad appoggiarsi all'Asia e spera che gli Stati Uniti prendano il posto dell'Europa. 

Marco Caprotti 30/01/2013 | 10:24
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L’America latina cerca di non perdere il passo. L’indice Msci della regione nell’ultimo mese (fino al 29 gennaio e calcolato in euro) ha guadagnato il 2,2%, che si va ad aggiungere al +7% circa fatto segnare nel 2012. “Le prospettive per molti paesi dell’area sono migliorate nell’ultima parte dell’anno scorso”, spiega uno studio di Thomas White International. “Merito, soprattutto, della crescita dei consumi domestici legata agli stimoli monetari e fiscali varati dalle banche centrali della zona. Le stime sono state aggiornate anche in previsione di una ripresa della congiuntura globale che dovrebbe dare una mano a chi vive di esportazione”. Se è vero che la crisi in Europa sembra ancora lontana da una soluzione definitiva, va anche detto che la domanda di commodity sta trovando nuovo vigore in altre parti del mondo, come ad esempio l’Asia.

Molto, tuttavia, dipenderà dal futuro degli Stati Uniti. L’export messicano, ad esempio, è quasi interamente basato sulla richiesta statunitense, ma anche altri paesi (come ad esempio la Colombia) vedono il loro stato di salute sempre più legato a quello degli yankee. E anche Cile e Perù, che nell’ultimo decennio hanno avuto come destinazione preferita l’Asia, oggi fanno affidamento sugli Usa per compensare le vendite mancate nel Vecchio continente.

Il Brasile rallenta
La lente degli operatori, intanto, resta puntata sul Brasile, la prima economia della regione. La produzione industriale del paese rimane relativamente debole, in particolare perché una parte della già scarsa crescita è soltanto di natura passeggera. “Non si può ancora parlare di una ripresa duratura”, spiega uno studio di Raiffeisen Capital Management. “Preoccupa soprattutto il calo della produzione dei beni di capitale e ciò fa temere un andamento debole degli investimenti anche per l’ultimo trimestre del 2012. Grazie alle misure di sostegno fiscale e monetario è però probabile una nuova e più ampia ripresa nei prossimi mesi. Gli aumenti dovrebbero essere comunque molto modesti”.

Al contrario della produzione industriale, più debole delle attese, la domanda interna in Brasile sembra essere tuttora molto robusta, trainata da salari in aumento e bassa disoccupazione. “Ciò dovrebbe però alimentare il tasso d’inflazione”, continua il report. “Per il momento, non sono quindi attesi altri tagli dei tassi da parte della Banca centrale. Al contrario, verso la fine del 2013 potrebbero essere in vista addirittura degli aumenti del costo del denaro. Il mercato azionario è cresciuto del 6% circa a dicembre e in questo modo ha chiuso l’anno con un aumento abbastanza incoraggiante di quasi otto punti percentuali”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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