Storicamente, l’oro detenuto dalle banche centrali viene utilizzato solo in occasioni eccezionali. Gli stati, infatti, fanno scorta di lingotti proprio per poter assicurarsi contro eventi catastrofici che potrebbero verificarsi in futuro e sono perciò piuttosto riluttanti a metter mano alle proprie riserve auree.
Il lingotto come garanzia
E se l’Europa stesse vivendo oggi una situazione eccezionale? E se le riserve auree degli stati europei potessero giocare un ruolo fondamentale nell’uscita dalla crisi che attanaglia l’Eurozona? C’è chi sembra pensarla proprio così. Gli analisti del World Gold Council (Wgc) hanno recentemente lanciato una proposta in merito alle circa 10 mila tonnellate d’oro possedute dalle varie banche centrali della zona euro: utilizzarle come collaterale, cioè come garanzia, per l’emissione di bond governativi. Tale operazione, secondo il Wgc, avrebbe come effetto l’abbassamento del rendimento dei bond, alleggerendo il peso del debito per le nazioni in crisi. In pratica, tale soluzione si propone come un’alternativa all’austerità: è lecito infatti prevedere una riduzione dei rendimenti praticamente immediata, che renderebbe meno ingenti le politiche di austerità che ostacolano la ripresa.
“Rispetto all’Outright Monetary Transactions, lo strumento messo in atto dalla Banca centrale europea per abbassare lo spread, questa soluzione avrebbe inoltre il vantaggio di non comportare il rischio d’inflazione, visto che tali bond collateralizzati diventerebbero appetibili sul mercato secondario e annullerebbero la necessità di intervento della Bce”, si legge in una nota emessa da Bullion Vault, società inglese che offre servizi per la compravendita d’oro. “Sarebbero anche più efficienti, perché il rischio di perdere il proprio oro rappresenterebbe per gli stati membri un incentivo alla crescita e all’implementazione delle riforme strutturali divenute indispensabili”.
La stessa idea era già stata proposta dal German Council of economic experts, secondo cui tutte le nazioni dell’Eurozona con un debito pubblico maggiore al 60% del Pil annuale dovrebbero fornire risorse (oro, soprattutto) che andrebbero a costituire un fondo di riscatto. Il fondo sarebbe garantito da tali risorse, che i paesi membri otterrebbero indietro man mano che il debito in eccesso venisse ripagato e ridotto al di sotto del tetto del 60% del Pil. Un anno fa, però, è stato lo stesso cancelliere, Angela Merkel, a rifiutare tale soluzione, forse perché con l’83% di debito rispetto al Pil, anche la Germania avrebbe dovuto prenderne parte.
Il precedente
L’utilizzo dell’oro come collaterale non è una novità assoluta, soprattutto per l’Italia. Nel 1974 il governatore di Bankitalia, Guido Carli, in concertazione con il governo guidato da Mariano Rumor (con Emilio Colombo alle finanze e Aldo Moro agli esteri) diede in pegno una parte delle riserve d’oro come garanzia per un prestito di due miliardi di dollari concesso dalla Bundesbank.
I primi ministri Rumor e Schmidt decisero che Bonn depositasse la somma, dietro pagamento di un tasso di interesse pari a quello dei Treasury Usa (l’8% circa). Il rimborso del debito sarebbe avvenuto in dollari e a garanzia dello stesso furono impegnate 500 tonnellate delle riserve di Bankitalia (41.300 lingotti Good delivery, di 12,5 Kg circa ciascuno, pari ad un quinto delle riserve auree del tempo). L’oro fu valutato all’80% del prezzo di mercato delle otto settimane precedenti all’accordo, ovvero a 120 dollari all’oncia. L’oro non venne venduto, né ceduto, né spostato fisicamente: fu semplicemente utilizzato come collaterale per il prestito.
“Difficilmente realizzabile”
A prima vista, l’ipotesi è suggestiva. Tuttavia, non tutti condividono l’entusiasmo del World Gold Council. Thorsten Polleit, capo economista di Degussa Goldhandel, ad esempio, accoglie la proposta con una certa diffidenza. “In generale si può affermare che se il debito governativo presentasse una garanzia reale, come appunto l’oro, ci si potrebbe aspettare una diminuzione dei tassi. Tuttavia, dubito fortemente che l’utilizzo delle riserve auree delle banche centrali rappresenti una strategia praticabile per risolvere i problemi del debito sovrano in Europa”, commenta l’economista.
“Sono scettico per due ragioni principali”, prosegue Polleit. “Innanzitutto, il totale delle riserve aurifere degli stati dell’Eurozona ammonta a 346,7 once, per un valore di mercato attuale pari a 420 miliardi di euro, in pratica solo il 5% del debito pubblico totale. Un paese come il Portogallo potrebbe coprire solo il 9% del proprio debito utilizzando queste riserve come garanzia e l’Italia solo il 5,5%; perfino la Germania, il secondo possessore d’oro al mondo, potrebbe coprire solo il 7% del debito pubblico tedesco”.
Ma non finisce qui. “Le riserve ufficiali d’oro sono iscritte nell’attivo di bilancio dell’Eurosistema. Questo significa che aiutano a bilanciare le passività, come appunto i debiti o la base monetaria dell’Eurozona. In pratica, se lo stesso oro venisse utilizzato come collaterale per i bond governativi, si creerebbe un buco di bilancio. Tutto ciò, senza chiaramente prendere in conto quello che succederebbe se uno Stato non dovesse onorare i propri debiti garantiti dall’oro: in tale situazione le riserve aurifere collaterali dovrebbero essere trasferite ai creditori, creando una grossa perdita, che a sua volta verrebbe inevitabilmente scaricata sulle spalle dei contribuenti europei, creando di fatto una situazione più grave di quella attuale”.
“Non penso sia davvero realizzabile ridurre i tassi d’interesse richiesti dai bond governativi dei paesi periferici europei senza delle forti misure d’austerità”, conclude Polleit. “La ragione per cui negli ultimi tempi gli spread di Grecia, Spagna, Italia e Portogallo si sono abbassati è l’intervento della Bce sul mercato a garanzia del debito sovrano, ma ciò non toglie che la maggior parte degli investitori si aspetta che le misure d’austerità continuino”.
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