Secondo le statistiche dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), gli italiani sono quelli che hanno la vita pensionistica media più lunga tra gli abitanti dei paesi occidentali: 27,3 anni per le donne e 22,7 anni per gli uomini. I tedeschi, ad esempio, possono contare su una vita pensionistica media di 20,7 anni per le donne e di 17 anni per gli uomini. Con la riforma Fornero, la situazione è cambiata: età pensionabile innalzata, ritiro dalla vita lavorativa modulabile sulla speranza di vita e assegno pensionistico legato alla crescita del Pil.
Cambiamenti importanti, ma che potrebbero non bastare, soprattutto perché le prospettive sull’assegno mensile staccato dall’Inps non sono così rosee. Perciò, sempre più persone si chiedono se convenga o meno continuare a lavorare anche una volta raggiunta l’età pensionabile.
Ora che la generazione del baby boomer (i nati tra il 1945 e il 1960) sta entrando negli anni post-lavorativi, e sempre più lavoratori sull’orlo della pensione si ritrovano in piena salute e ancora produttivi, una sorta di scenario di pensionamento ibrido sta diventando sempre più in voga. Gli anglosassoni lo chiamano working retirament oppure practice retirament, ma l’idea di base è la stessa: invece di optare per un taglio netto dalla vita lavorativa a quella da pensionato, molti senior stanno optando per una conversione graduale.
Molti, certo, lavoratori continuano la propria carriera post-60 per necessità, non per piacere. Risparmi insufficienti, perdite finanziarie, debiti ancora da pagare e circostanze personali sono le cause più comuni. Questo vale ancora di più in quei paesi in cui la previdenza pubblica gioca un ruolo marginale: un sondaggio condotto negli Usa lo scorso luglio ha rivelato che il 72% dei lavoratori tra i 50 e i 64 anni preve di ritardare il proprio pensionamento.
I vantaggi
Tuttavia, a prescindere dal sistema previdenziale o dalle ragioni per cui si progetta, allungare la vita lavorativa ha dei vantaggi. Innanzitutto i risparmi hanno più tempo per crescere e produrre rendimenti; inoltre, l’orizzonte temporale pensionistico si riduce, potendo così raggiungere i propri obiettivi finanziari più facilmente o aumentare la capacità di spesa. Infine, chi prosegue a lavorare può ritardare l’incasso dell’assegno previdenziale pubblico, il che significa aumentarne l’ammontare.
Occhio allo stile di vita
“Molti lavoratori che si trovano in difficoltà finanziaria perché non hanno risparmiato abbastanza o perché sono stati colpiti dalla recessione non sono consapevoli del fatto che allungando la vita lavorativa possono migliorare la propria situazione previdenziale”, afferma Steven Sass, direttore associato del Center for Retirement Research al Boston College, in un’intervista rilasciata a Morningstar. Il discorso è valido soprattutto per chi è prossimo alla pensione. “Spesso l’attenzione è troppo concentrata sugli investimenti che si fanno in un’ottica previdenziale, ma questo può avere senso per i più giovani”, prosegue Sass. “Una volta arrivato ad un passo dal pensionamento, si ha quel che si ha, non c’è più tempo per rifarsi. A quel punto le leve su cui puntare sono quanto a lungo si lavora e quanto si spende”.
Le nostre idee sulla pensione sono costruite intorno al concetto che la gente dovrebbe smettere di lavorare verso i 60 anni. “Ma il lavoro di oggi è molto meno impegnativo fisicamente di quanto non lo era in passato”, commenta Sass. “L'età media di pensionamento per gli uomini negli Stati Uniti oggi è di circa 64 anni. Se uno si può permettere di andare in pensione, che lo faccia. In caso contrario, non si è troppo vecchi per tornare al lavoro”. Detto questo, è chiaro che non tutti possono farlo: problemi di salute o difficoltà a trovare un posto di lavoro possono essere barriere importanti.
La cosa sorprendente è che secondo la ricerca di Sass, è proprio chi sta meglio finanziariamente che di solito prolunga la vita lavorativa. “Le persone che posticipano la pensione sono di solito quelle con un reddito sopra la media e con i posti di lavoro migliori. Al contrario, i lavoratori con salari bassi e lavori meno attraenti sono quelli che vanno in pensione più presto”.
L’argomento è stato trattato anche dal professor Vincenzo Galasso, nel numero di Morningstar Investor dedicato alla previdenza. Per leggere l’articolo clicca qui.
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