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La Cina entra in un caffè

La diffusione della bevanda nel paese asiatico è un fenomeno in via di sviluppo. Le multinazionali ci credono. Ma chi investe in commodity potrebbe restare deluso.

Azzurra Zaglio 07/02/2013 | 15:50
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Coffee or tea? Questa domanda non ha mai avuto senso in Cina, un paese che, ad esempio nel 2010, ha consumato circa 25 mila tonnellate di caffè (meno di mezza tazza per persona) e un milione di tonnellate di tè. Le cose, però, potrebbero cambiare. A dirlo sono i dati elaborati dagli analisti di Barclays Capital secondo cui entro il 2015 il consumo di caffeina ad uso domestico aumenterà di circa il 40%. Per usare altri numeri: ogni miliardo di dollari di Pil cinese realizzato, saranno bevute circa 18 tonnellate di caffè. La popolazione cinese è una delle più numerose e giovani a livello globale e, se educata a consumare questa bevanda alla stregua del più tradizionale tè, il boom è assicurato. Chi investe in questa commodity, invece, forse dovrà aspettare a fregarsi le mani.

Starbucks e altre multinazionali del caffè vedono nella regione ampi margini di guadagno e stanno spingendo affinché si arrivi a una maggiore produzione, soprattutto nello Yunnan, zona agricola già nota per la produzione del miglior tè cinese. Il territorio, infatti, si presenta fertile per la coltura: caldo, umido e temperato, adatto soprattutto alla varietà arabica. Il presidente e padre di Starbucks, Howard Schultz, è convinto delle potenzialità di quell’area, sia in termini quantitativi, sia qualitativi. “Questo tipo di terreno - commenta Schultz - può produrre la migliore qualità di caffè. Costruire un’azienda agricola e insegnare, prima ai contadini a coltivarlo e poi alla popolazione a berlo, significherebbe dare una vera e propria sferzata al mercato di questa materia prima”.

Il caffè è stato introdotto in Asia da Nestlè negli anni Ottanta, ma per lungo tempo è stato considerato esotico. Oggi invece Starbucks vuol far diventare il Regno di mezzo il secondo maggior mercato della sua catena di locali che nel mondo ammonta già a più di 17mila aperture. McDonald conferma questa tendenza con l’annuncio di voler aprire una serie di McCafè.

Prezzi e offerta
Non è detto, però, che questa scelta possa fare la fortuna di chi commercia nella materia prima. Secondo Matt Johnson e Nitesh Shah, rispettivamente Head of EMEA distribution e Research analyst di Etf Securities l’aumento di domanda delle commodity in genere, in Cina porta a un aumento dei prezzi solo se l’offerta non riesce a tenere il passo. Come nel caso della maggior parte delle materie agricole, anche per il caffè le dinamiche dal lato dell’offerta tendono a dominare l’andamento dei prezzi nel breve termine. Siccità, epidemie e politiche agricole sono tutti fattori che sembrano avere un maggiore impatto sui corsi rispetto alla crescita costante della domanda derivante da cambiamenti negli stili di vita e nella demografia. Tra maggio 2011 e novembre 2012, è stato registrato un calo del 50% nel prezzo del caffè senza una proporzionale riduzione della domanda. A novembre, l’ICO, l’indicatore dei prezzi della materia prima, ha registrato un declino del 7,3%, a 136.35 centesimi di dollari americani per libbra, il livello più basso dal maggio 2010. Il calo è stato visto su tutte le qualità di caffè.

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Info autore

Azzurra Zaglio

Azzurra Zaglio  è stata Redattrice di Morningstar in Italia.

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