Sarà che con la crisi del debito gli operatori sono diventati molto sensibili quando si parla di ogni singolo paese europeo. Sarà anche che da tempo non si vedeva una campagna elettorale così accesa e con forze così diverse in campo. Resta il fatto che le elezioni politiche che si terranno il 24 e 25 febbraio hanno riportato l’Italia al centro delle discussioni non solo dei politici, ma anche degli investitori internazionali, preoccupati per il futuro di uno dei maggiori stati membri di Eurolandia che, dall’avvento della moneta unica, era finito un po’ nel dimenticatoio.
I paletti sono fissati
Al di là di quello che sarà l’esito della tornata, alcuni paletti sembrano ormai ben saldi. Come ad esempio quelli che indicano la strada verso una maggiore coesione fiscale degli stati europei che, secondo gli operatori, non saranno messi in discussione a prescindere dalla coalizione o dalla formazione che da settimana prossima si troverà a guidare il Belpaese. “Il concetto di fiscal compact (che indica, tra l’altro, l’impegno ad avere un deficit statale entro limiti prestabiliti e che detta il processo di riduzione del debito pubblico, Ndr) è stato ormai inserito nella Costituzione italiana”, spiega Cosimo Marasciulo responsabile dei portafogli obbligazionari governativi di Pioneer Investments. “Quindi chiunque arriverà al governo dovrà portare avanti politiche che siano conformi a quella norma”.
Un compito che potrebbe essere meno arduo di quello che sembra. “Il piano Outright Monetary Transaction introdotto dalla Banca centrale europea (sostanzialmente aiuti in cambio di riforme strutturali, Ndr) è un paracadute che permette agli stati di portare avanti le strategie utili a risanare i bilanci sapendo di poter contare sul supporto della Bce”, continua Marasciulo. “Con presupposti di questo tipo è difficile che chi vincerà alle elezioni si allontani dal cammino segnato anche per il resto del Vecchio continente”.
La volatilità resta
Come mai allora i mercati sono così nervosi in vista delle elezioni italiane e reagiscono male alle dichiarazioni di alcuni candidati che sembrano mettere in dubbio i risultati raggiunti fino ad oggi? “E’ un comportamento a cui si assiste ogni volta che ci si avvicina a una tornata elettorale. L’ultima volta l’abbiamo visto in Francia. In queste occasioni aumenta il premio per il rischio richiesto sugli asset dello stato in questione. Poi, dopo poco che sono finiti gli scrutini, la situazione tende a normalizzarsi”.
E se dalle urne dovesse uscire una situazione di ingovernabilità che costringerà a tornare al voto? “Ci potrebbe essere un rallentamento delle riforme strutturali”, dice Marasciulo. “Ma i paletti ormai sono ben saldi e bisognerà proseguire su quella strada”. Tutto questo non significa che la volatilità sul mercato italiano scomparirà. L’azionario di Piazza Affari, ad esempio, continuerà ad esagerare i movimenti del resto dell’equity europeo. “Per quanto riguarda i goverment, invece, non vedremo più i differenziali che abbiamo registrato nel 2012”, continua Marasciulo. L’Italia, tuttavia, avrà ancora della strada da fare per rimettersi sul cammino della crescita. “E’ questa la vera sfida a cui dovrà far fronte il nuovo governo”, dice il gestore di Pioneer.
In questi giorni Morningstar pubblicherà una serie di articoli nei quali gestori, economisti e docenti illustreranno gli scenari del dopo voto.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.