Elezioni/6 – I tristi numeri non in agenda

La produttività è ai livelli del 2000, il costo del lavoro è salito. Siamo 42° nel mondo per competitività e tra i peggiori per sistema educativo. Senza riforme, siamo condannati al declino cronico.

Sara Silano 21/02/2013 | 17:19
Facebook Twitter LinkedIn

Il più grande problema dell’Italia è la crescita. Non usa mezze parole Francisco Torralba, economista di Morningstar, in una nota sul Belpaese a pochi giorni dalle elezioni. Dopo i ritmi di sviluppo degli anni Sessanta e Settanta, i tassi sono progressivamente diminuiti. E nella Grande recessione (2008-2009), il Prodotto interno lordo reale è sceso di quasi l’8%. La timida ripresa del 2010 si è scontrata con la crisi dell’Eurozona e l’Italia è finita in recessione. Nel quarto trimestre del 2012, il Pil reale (in termini assoluti) era inferiore a fine 2000.

Le ragioni del declino
Il 2013 è iniziato all’insegna di qualche segnale di stabilizzazione della congiuntura, anche se rimaniamo in un contesto recessivo. Per Torralba ci sono due ragioni principali che spiegano il prolungato periodo di declino del Belpaese. La prima è demografica: persistente basso tasso di fertilità, età pensionistica non elevata, scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro e crescita lenta dell’occupazione negli ultimi trent’anni. Quest’ultimo fattore ci accomuna a Germania e Svezia, che però sono riusciti ad accrescere la produzione. La seconda ragione è la produttività ferma ai livelli del 2000, con conseguente declino del livello di benessere degli italiani.

Peggiora il quadro la crescita del costo del lavoro, quando negli altri paesi, compresi i famosi Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) è calato durante la Grande recessione. Il risultato è stato una erosione della competitività e della bilancia commerciale.

I numeri
Ecco l’Italia ritratta nelle classifiche internazionali: 42° per competitività (World economic forum, 2013), dietro a Germania, Franca e Spagna, 37° per paese in cui è facile fare business (World bank), peggio di molti stati dell’ex blocco comunista, 29° per sistema educativo (Ocse, 2009), peggio della maggior parte dell’Europa occidentale. Inoltre, secondo il World bank governance indicator, gli italiani percepiscono che c’è meno controllo sulla corruzione nel Belpaese rispetto a Grecia e Bulgaria.

Qualche rivincita la prendiamo sul tema fiscale, in quanto in termini di bilancio primario (esclusi gli interessi) siamo più virtuosi della Francia. Inoltre, il debito privato è più basso del resto di Eurolandia e il sistema bancario non è stato vittima della bolla immobiliare. Tuttavia, resta il fatto che in cima all’agenda del prossimo governo dovrebbero esserci le riforme regolamentari che rendano più facile “fare impresa” in Italia e più flessibile il mercato del lavoro. L’Ocse ha calcolato che le (seppur limitate) azioni intraprese da Mario Monti potrebbero incrementare la produttivià dello 0,4% annuo. E uno studio del Fondo monetario internazionale, stima una crescia del Pil del 5,7% nel quinquennio se andranno in porto le riforme nei settori dell’energia, dei trasporti, dei servizi professionali, del sistema giuridico e dei pubblici uffici. “In un paese che ha avuto una crescita zero negli ultimi dieci anni, sarebbe un gran risultato”, commenta Torralba, per il quale anche la questione del debito pubblico (aumentato a dismisura negli anni di basso sviluppo) deve essere affrontata “al più presto”.

Scenari post-elettorali
L’economista ipotizza quattro grandi scenari futuri. La vittoria della coalizione che fa capo a Silvio Berlusconi è considerato il peggiore. “Data la sua precedente esperienza al governo e il programma elettorale”, si legge nella nota di Torralba, “il mercato reagirebbe in modo molto negativo, con Piazza affari ai minimi storici e la spread (differenziale rispetto ai titoli tedeschi) in impennata”.

Il secondo scenario è rappresentato dalla vittoria del centro-sinistra guidato da Pier Luigi Bersani, nel qual caso i processi di riforma potrebbero entrare in stallo a causa dei diversi punti di vista dei partiti che fanno parte della coalizione, non tutti concordi sul portare avanti il lavoro intrapreso da Monti. Il risultato sarebbe un ulteriore periodo di stagnazione e la perdita di fiducia dei mercati.

Il terzo scenario si verificherà se Bersani non avrà la maggioranza e dovrà allearsi con Monti, il quale potrà quindi avere un ruolo importante nella politica economica. “Questo potrebbe dare un po’ di fiducia ai mercati”, dice Torralba, “ma siccome non avrà più carta bianca, il processo di riforma potrebbe incontrare degli ostacoli”.

L’ultimo scenario è l’impossibilità a creare un nuovo governo, che porterebbe ad altre elezioni nel breve e a un periodo di forte incertezza sui mercati. In questo caso, le riforme subirebbero un grave arresto e la mancanza di crescita diventerebbe ancora più cronica.

 

In questi giorni Morningstar pubblicherà una serie di articoli nei quali gestori, economisti e docenti illustreranno gli scenari del dopo voto.

Leggi i precedenti articoli, ai seguenti link:

- Elezioni/5 - Eni, Enel e Telecom ai raggi X
Elezioni/4 – Alla larga dalle banche
Elezioni/3 - Senza euro non c’è futuro
Elezioni/2 - L’Europa ci guarda
Elezioni/1- Fiscal compact al sicuro

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

Facebook Twitter LinkedIn

Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

© Copyright 2024 Morningstar, Inc. Tutti i diritti sono riservati.

Termini&Condizioni        Privacy        Cookie Settings        Disclosures