La terra di mezzo dei bond

L’universo delle emissioni al confine tra grado di investimento e high yield si è ampliato negli ultimi 15 anni. Per alcuni gestori è un’area da cui stare alla larga, per altri un’opportunità.

Sara Silano 28/02/2013 | 11:21
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I gestori in fondi obbligazionari tradizionali hanno avuto molto lavoro negli ultimi anni per aggiustare il portafoglio ai numerosi abbassamenti di rating da parte di Moody’s, Standard&Poor’s e Fitch. In effetti, se la politica di investimento preclude la possibilità di avere in pancia titoli sotto l’investment grade (sotto la tripla B), è necessario liberarsene in caso di downgrade. Un discorso analogo vale per i bond che sono promossi dal livello spazzatura (high yield) grazie alla diminuzione della probabilità di fallimento.

Meno virtuosi
Dalla fine degli anni Novanta ad oggi, l’universo dei virtuosi (AAA) si è notevolmente ridotto, passando dal 20% del totale delle emissioni a circa l’1% nel settore delle obbligazioni societarie. Per contro, è cresciuto il numero di titoli appena al di sotto del grado di investimento, che oggi rappresentano circa il 70% (erano intorno al 20% 15 anni fa). Come spiega Kevin Corrigan, gestore dell’LO Fund BBB BB bonds di Lombard Odier, in questo gruppo, circa la metà delle aziende non rientra negli indici Msci globali ed europei, offrendo quindi agli investitori l’esposizione a nuovi nomi, con conseguente maggior diversificazione.

Occhio ai fondamentali
La “terra di mezzo” tra grado di investimento e high yield è ancora poco battuta, ma desta interesse tra gli investitori in cerca di rendimenti e con una certa propensione al rischio. Oggi, i tassi di default sono bassi, anche se c’è un notevole distacco tra titoli appena sotto l’investment grade e speculativi. E’ bene però non abbassare la guardia e in tal senso le indicazioni maggiori vengono dai fondamentali aziendali in un contesto recessivo, più che dai rischi di rifinanziamento.

Gli indici a capitalizzazione, largamente diffusi come benchmark di fondi ed Etf obbligazionari, non colgono tali peculiarità, dal momento che i titoli che pesano di più sono quelli delle società più indebitate. Un approccio alternativo, seguito da Corrigan, prende in considerazione indicatori macro (ad esempio il Prodotto interno lordo) per definire la composizione del paniere di riferimento in termini geografici e settoriali (altri fattori sono la liquidità e i rendimenti). A livello micro, vengono privilegiate le aziende solide, sulla base di misure come il giro d’affari, il grado di indebitamento, il rapporto tra free cash flow e debito totale e quello tra la crescita degli utili e del debito. “In questo modo”, spiega il gestore, “si evita di investire in settori in bolla o società troppo indebitate”.

 

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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