E’ il prestito titoli, il nodo più spinoso della nuova regolamentazione dell’Esma (l’autorità europea di vigilanza sui mercati) entrata in vigore lo scorso 18 febbraio. A marzo sono attese nuove indicazioni che dovrebbero aiutare a far chiarezza su una pratica diffusa tanto tra gli Etf (Exchange traded product), in particolare quelli fisici, quanto tra i fondi comuni tradizionali.
Quali costi
L’authority ha stabilito che i gestori debbano girare agli investitori l’intero ricavo da tali pratiche, al netto dei “costi operativi diretti e indiretti”. Proprio sulla definizione di questi ultimi, i provider di Etf non hanno le idee chiare su quali oneri vi rientrino, per cui è previsto un nuovo intervento dell’Emsa.
In senso stretto, possono essere considerati costi operativi quelli di retrocessione alla controparte, quelli dell’agente di security lending e della banca di custodia e quelli per la garanzia da eventuali perdite. Gli analisti di Morningstar hanno, tuttavia, sottolineato in diverse occasioni come gli emittenti o le case di gestione possano farvi rientrare altre voci, in mancanza di indicazioni più precise. I chiarimenti, dunque, sono necessari per far sì che gli investitori finali, su cui cade il rischio di tali operazioni, siano adeguatamente remunerati.
Più trasparenza
L’Esma ha anche previsto trasparenza su tali costi e sull’identità dei percettori, all’interno del prospetto informativo. “La principale conquista è la maggior trasparenza”, dice Alastair Kellet, analista di Morningstar Europe. “Grazie a queste regole potremo sapere quali sono i costi reali del prestito titoli. Il fatto è ancor più rilevante per gli investitori in fondi comuni tradizionali, che sul tema hanno generalmente minori informazioni. Ci auguriamo che le nuove linee portino a una riduzione di tali oneri, attraverso una maggior competizione”.
Rischio di controparte
Per quanto riguarda le altre regole introdotte dall’Esma, esse appaiono più come un recepimento delle migliori pratiche in uso nell’industria. E’ il caso, ad esempio, del rischio di controparte. Come spiega Marcello Chelli, responsabile dei prodotti quotati di Lyxor in Italia, “da tempo le Investment guideline degli Etf Lyxor sintetici prevedavano, su base giornaliera, l’annullamento del rischio di controparte con il reset a 0% dell’esposizione allo swap attraverso l’investimento del patrimonio dell’Etf in titoli, segregati presso la banca depositaria, che fossero indipendenti dalla controparte, liquidi, negoziati su un mercato, valorizzabili giornalmente, di qualità (in termini di merito di credito) e diversificati. In merito, perciò, i regulator si sono allineati alla best practice già vigente sul mercato”. In alcuni casi, gli emittenti sono andati oltre in termini di trasparenza. “Lyxor garantisce una visibilità giornaliera, sul proprio sito web, del patrimonio completo dell’Etf, una previsione non richiesta dalle autorità regolamentari, ma fornita al fine di assicurare una migliore trasparenza agli investitori”, dice Chelli.
Anche sul fronte della maggior trasparenza nel calcolo degli indici, i gestori non sembrano essere impreparati. Isabelle Bourcier, responsabile dello sviluppo del business di Ossiam, esclude un impatto forte delle nuove regole, dal momento che “gli indici che vengono replicati dai nostri Etf già rispondono ai requisiti richiesti”.
I costi delle nuove regole
Per conformarsi alle nuove linee dell’Esma, i gestori e i provider di Etf dovranno sostenere alcuni costi, come quello per l’aggiornamento della documentazione informativa (ad esempio, l’aggiunta della denominazione Ucits per i replicanti conformi) o quelli per il calcolo degli indicatori di efficienza (tracking error volatility e tracking difference). Gli oneri maggiori, tuttavia, sono i minori ricavi per gli Etf fisici che praticano il prestito titoli, dal momento che i ritorni devono essere interamente girati agli investitori (al riguardo molto dipenderà dall’interpretazione che si darà di costi operativi). “A ciò si potrebbe aggiungere il rischio, anche in Europa, di cause legali simili a quelle intentate negli Stati Uniti, da investitori che contestano la passata ripartizione dei ricavi da prestito titoli tra il gestore e gli investitori dell’Etf”, fa notare Chelli.
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