L’Asia continua a prepararsi a una ripresa dell’economia globale. L’indice Msci della regione nell’ultimo mese (fino al 4 marzo e calcolato in euro) ha guadagnato il 2,1%. “La maggior parte delle economie dell’area ha visto un rimbalzo dell’attività economica grazie ad un auemento delle esportazioni”, spiega uno studio di Thomas White International. “Una parte del merito va anche alle politiche di stimolo che, pur avendo fatto impennare l’inflazione in alcuni stati, hanno però permesso alla situazione di tranquillizzarsi dopo un periodo difficile”.
Chi ha avuto problemi con l’export, come Indonesia e Filippine, ha potuto però beneficiare di una crescita dei consumi interni. “L’aumento dei prezzi al consumo potrebbe comunque segnare la fine delle politiche espansive delle Banche centrali della regione”, continua il report. “Molti istituti hanno la sensazione che i tassi bassi di interesse e i quantitative easing nei paesi più sviluppati del mondo possano portare a un aumento dei prezzi delle commodity che peserebbe sulle economie asiatiche”.
La Cina rallenta ma continua a correre
La lente d’ingrandimento degli investitori, intanto, è sempre puntata sulla Cina. Due indicatori dell’attività manifatturiera del paese asiatico hanno registrato un’espansione nel mese di febbraio, ma a un passo più lento rispetto al mese scorso, suggerendo che il rimbalzo della seconda economia mondiale sia più lento di quanto sperato. L’indice Pmi ufficiale del settore manifatturiero è calato a 50,1 punti dai 50,4 di gennaio, mentre l’indice compilato da Hsbc Holdings è sceso a 50,4 da 52,3 (ogni lettura superiore a 50 punti indica un’espansione economica). I sotto indici per i nuovi ordini, i nuovi ordini dall’estero e l’occupazione hanno tutti registrato un calo nel mese di febbraio, confermando la debolezza nella domanda estera. Gli analisti sottolineano che le lunghe vacanze legate al Capodanno cinese probabilmente hanno avuto un certo impatto sui dati, visto che quest’anno sono cadute a febbraio mentre l’anno scorso sono state a gennaio.
Per il 2013, intanto, la Cina si è fissata come obiettivo di crescita un +7,5% rispetto al 2012, secondo il rapporto del primo ministro Wen Jiabao che dovrà essere presentato al Parlamento. L’anno scorso il Pil è salito del 7,8% rispetto al 2011, il livello più basso da 13 anni. Wen Jiabao sarà sostituito da Li Keqiang alla fine dei lavori dell’assemblea nazionale popolare (il parlamento) il 17 marzo. “Anche se la crescita del Pil cinese nel 2012 è ben al di sotto del 9,3% dell’anno precedente, questo rimane un dato di tutto rispetto”, spiega una nota di Mark Burgess, responsabile degli investimenti di Threadneedle. “I timori di un atterraggio duro si sono affievoliti e crediamo che la crescita dovrebbe assestarsi intorno al 7,5-8,0%. Il recente aumento dei profitti industriali sostiene questa previsione”.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.