Ciclico, costoso, con una forte concorrenza e basta un niente per diventare l’ultimo della lista. Le caratteristiche del comparto auto sembrano fatte apposta per spaventare gli investitori. Eppure Fiat è uno dei titoli raccomandati da Morningstar (rating cinque stelle).
Vantaggio competitivo
Generalmente i produttori di automobili hanno difficoltà a porsi davanti ai concorrenti. E’ vero che le quattroruote attuali sono delle meraviglie tecnologiche che richiedono talento e buona capacità organizzativa dall’ideazione al lancio sul mercato. Ma la sovraproduzione e il numero di società che a livello mondiale lavorano in questo campo dimostrano anche che si tratta di un segmento facilmente accessibile. La parte più difficile e costosa è mettere in piedi lo stabilimento. Ma una volta fatto questo è relativamente facile lanciare uno o più modelli. Gli esperti del settore sono concordi nel dire che l’eccesso di offerta rispetto alla domanda (circa il 30%) è il problema principale del settore. Un problema peggiorato dal fatto che molte aziende hanno aumentato la produzione per cercare di sfondare nei mercati emergenti (la Cina su tutti). A questo va aggiunto il fatto che molti paesi emergenti hanno una propria industria automobilistica che difendono come simbolo del loro sviluppo economico. E anche se la crescita della ricchezza in queste zone si traduce in una maggiore richiesta di auto, questa non è in grado di assorbire l’eccesso di produzione.
Un settore affollato
Le case automobilistiche hanno fondamentalmente due problemi: vincere rispetto alla concorrenza in un mercato affollato e generare risorse finanziarie sufficienti per sviluppare nuovi modelli che siano interessanti in termini di costi, qualità e performance. Calcolato in dollari, lo sviluppo di un nuovo modello costa circa un miliardo. In mezzo a tutto questo bisogna fare i conti con i consumatori. Ci sono, ad esempio, quelli attenti al prezzo che vogliono un’auto poco costosa e affidabile. Ci sono poi quelli che la vedono come uno status symbol e sono disposti a pagare di più per un marchio con una determinata immagine. In ogni caso sono pochi quelli che restano fedeli a una determinata casa per tutta la vita.
Le economie di scala
La profittabilità dipende dalle economie di scala che si riescono a creare utilizzando, per esempio, una stessa piattaforma, il medesimo motore o i componenti per più modelli. Il sistema funziona all’interno di ogni singola casa automobilistica, ma non è raro il caso di aziende diverse che su questi fronti hanno accordi di collaborazione. Un esempio di buone economie di scala è Volkswagen. Il gruppo tedesco possiede diversi brand con modelli diversi che risecono a coprire tutti i segmenti di mercato, da quello meno esclusivo a quello di lusso. In questo modo può spalmare i costi per lo sviluppo delle diverse parti su diversi modelli. La nuova Golf, la Audi A3, la Seat Leon e la Skoda Octavia, ad esempio, utilizzano tutte la stessa piattaforma. La Fiat, grazie all’acquisizione di Chrysler si sta muovendo nella stessa direzione e ha già iniziato a condividere la componentistica.
I mercati
Quasi tutti i mercati dell’auto hanno registrato una contrazione nel 2012. Spagna, Francia, Italia e Germania hanno avuto un calo, rispettivamente, del 13,4%, 13,9%, 19,9% e 2,9%. Fa eccezione il Regno Unito che ha visto un aumento del 5,3%. Sono andamenti che proseguiranno nelle stesse direzioni anche nel 2013. Secondo le previsioni di Morningstar, le vendite di auto nuove in Europa caleranno del 6%-10% a causa dell’anemica domanda da parte di Italia, Francia, Spagna e Germania. L’Inghilterra invece dovrebbe registrare un aumento compreso fra il 2% e il 4%. In questo scenario, il vantaggio di Fiat deriverà in parte dalla debolezza degli altri. Data per assodata la buona performance di Bmw, Daimler e Volkswagen grazie alle esportazioni, Renault avrà a che fare con una situazione difficile formata dalla scarsa domanda interna che sarà in parte compensata dai risparmi di costi che otterrà grazie all’alleanza con Nissan e con la russa AutoVaz. Il gruppo torinese, intanto, dovrà fare i conti con un calo della richiesta interna, ma potrà consolarsi con le vendite in Brasile (cresciute dell’11% nel 2012) e con le richieste per i suoi marchi di lusso (Ferrari e Maserati).
La valutazione
Secondo gli analisti di Morningstar il mercato non ha ancora compreso appieno le potenzialità dei cambiamenti in corso al Lingotto. Un atteggiamento dimostrato da valutazioni di Borsa a sconto e pari a tre volte gli utili lordi attesi nel 2013. Il gruppo italiano è meno dipendente dal mercato europeo rispetto ad altri concorrenti, come ad esempio Peugeot, la cui alleanza con Gm porterà a economie di scala che non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelle che otterrà Fiat con Chrysler. Secondo i nostri analisti, inoltre, la casa torinese sta cambiando radicalmente strategia industriale e sta passando da produttore di modelli per il mercato di massa ad azienda che si concentrerà sui brand di lusso che saranno in grado di generare buoni rendimenti per gli azionisti. Certo la situazione presenta dei rischi. Fiat sta completando una rivoluzione e ha acquistato (salvandola) un’azienda in crisi. Il lavoro sarà completato quando avrà concentrato una parte della produzione italiana destinata ai mercati esteri sui marchi Maserati, Alfa Romeo e Ferrari e quando tutto il gruppo sarà perfettamente integrato con Chrysler group.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.