Nella valigia, i fondi globali

Gli investitori italiani sono sempre più propensi a investire a livello internazionale. Le principali preoccupazioni sono la mancanza di informazioni e le manovre fiscali che hanno colpito i redditi.

Azzurra Zaglio 07/03/2013 | 10:48
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L’Italia volge lo sguardo oltre frontiera. Negli ultimi anni gli investitori, non solo italiani, hanno rischiato di vedere andare in frantumi il proprio patrimonio per una combinazione di fattori: tassi bassi di interesse, volatilità di mercato e diminuzione del valore degli immobili. Molti stanno così ripensando il loro approccio agli investimenti, diversificando tra asset class, settori e soprattutto continenti. Lo evidenzia il Global Income Survey di Legg Mason che mostra come le scelte degli investitori italiani “affluent” (200 intervistati su più di 3000 investitori appartenenti a 13 paesi del mondo) considerino con sempre maggiore attenzione azioni e debito internazionale.

Oltre confine
In Italia è forte la propensione a prendere in considerazione investimenti fuori dalle frontiere domestiche. Il 57% degli intervistati italiani dichiara di stare valutando la possibilità di investire in azioni estere, mentre il 68% degli investitori in obbligazioni considera l’esposizione al debito internazionale, dato leggermente superiore alla media globale (65%) e di ben dieci punti percentuali più alto rispetto all’Europa.

Attualmente, il 73% degli investitori italiani ricavano il 19% dei ritorni da asset sui mercati internazionali. Un dato importante alla luce del fatto che l’investitore italiano è tipicamente un investitore locale. Eppure, Marco Negri, responsabile per l’Italia di Legg Mason, sottolinea come gli italiani mostrino un’importante tendenza a passare direttamente dall’equity locale a quello internazionale, piuttosto che prendere in considerazione altre tipologie di asset domestici.

I fondi globali diversificati sono la tipologia di prodotto preferita per avere un’esposizione internazionale, rispetto a quelli sui singoli paesi. Nello specifico, il 56% degli intervistati opta per  la prima tipologia, contro il 28% che rimane sulla seconda. Europa, eccetto il Regno Unito, Stati Uniti, mercati emergenti (non Bric, acronimo di Brasile, Russia, India e Cina) sono i favoriti con percentuali di oltre il 60%.

Gli ostacoli
Le principali barriere nell’investimento all’estero sono la mancanza di trasparenza e la difficoltà ad accedere alle informazioni. Tra gli altri rischi vengono identificati l’incertezza globale e la valuta. Gli investitori, però, sono preoccupati anche dell’aumento delle tasse legato alle manovre di stimolo dell’economia, mentre non temono una ripresa dell’inflazione.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Azzurra Zaglio

Azzurra Zaglio  è stata Redattrice di Morningstar in Italia.

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