Negli indici dell’Asia ci sono pochi emergenti. L’Msci Asia ex-Japan, il principale benchmark, è composto da oltre 500 titoli quotati in dieci diversi paesi. Tuttavia, il 70% circa della capitalizzazione è dedicato a tre nazioni, che sono ad una fase avanzata del loro sviluppo. La Cina (Hong Kong compresa) conta il 36% dell’indice, la Corea del sud pesa il 20% e Taiwan il 14,2%. Per il resto, si va dall’8,8% dell’India all’1,37% delle Filippine. In mezzo si trovano Singapore, Malesia, Indonesia e Thailandia.
Questo benchmark non va confuso con l’Msci Asia-Pacific ex Japan, che ha come principali componenti Australia, Hong Kong, Singapore e Nuova Zelanda.
La locomotiva cinese continua a correre
Pechino vive un periodo di transizione. La nuova classe dirigente avrà il compito di non perdere la strada della crescita, sempre robusta ma in frenata negli ultimi anni (7,8% nel 2012, contro il 9,3% del 2011 e il 10,4% del 2010), e di trasformare il paese in un’economia basata più sui consumi interni che sugli investimenti fissi e sulle esportazioni com’è attualmente. Ciò nonostante, Il Ministero del commercio cinese preveda una crescita del commercio con l’estero intorno all’8% per il 2013, sostenendolo con rimborsi fiscali, crediti e assicurazioni all’esportazione più vantaggiosi. Questo è un modo per rispondere alla più debole domanda proveniente dalla zona euro e dagli Usa.
“Con valori oltre la soglia dei 50 punti, gli indici Pmi per l'industria dei servizi e quella manifatturiera stanno tuttora a indicare una fase di espansione”, si legge in un report di Raiffeisen Capital Management. “I nuovi ordini nel settore industriale sono stati robusti, sono però calati gli ordini provenienti dall’estero. Le esportazioni rimangono un rischio economico importante per la Cina. Come da attese, l’economia dovrebbe essersi nel complesso leggermente ripresa nel quarto trimestre del 2012 ed è probabile un’ulteriore crescita nella prima fase del 2013”.
“Anche se la crescita del Pil cinese nel 2012 è ben al di sotto del 9,3% dell’anno precedente, questo rimane un dato di tutto rispetto”, spiega una nota di Mark Burgess, responsabile degli investimenti di Threadneedle. “I timori di un atterraggio duro si sono affievoliti e crediamo che la crescita dovrebbe assestarsi intorno al 7,5-8%. Il recente aumento dei profitti industriali sostiene questa previsione”.
Corea del Sud, vocazione all’export
La Corea del Sud è la quarta forza economica in Asia dopo la Cina, il Giappone e l’India. Si tratta di un’economia basata essenzialmente sulle esportazioni (56% del Pil), con solidi fondamentali di bilancio. Tuttavia, il rallentamento della congiuntura mondiale nel 2012 ha pesato sulle sue prestazioni. Nel mese di luglio la Banca di Corea ha abbassato i tassi d’interesse (di 25 punti base al 3%) per la prima volta in più di tre anni. Dopo un deludente 2% nel 2012, il Ministero delle finanze prevede una crescita del Pil del 3% per quest’anno.
Secondo gli esperti, un ruolo fondamentale sarà giocato proprio dalla locomotiva cinese, che dovrebbe trainare le altre economie dell’area, in primis la Corea del Sud. Merito innanzitutto della sua vocazione all’export (specialmente all’interno del continente asiatico), con marchi importanti come Samsung, Hyundai Motor e LG Electronics, che sono stati capaci in tempi di magra di espandere la propria quota di mercato. Inoltre, in linea generale, gli investitori dovrebbero sempre essere consapevoli che le tensioni politiche e militari con la Corea del nord tendono ad avere un impatto negativo sui mercati finanziari della Corea del sud.
Un’altra fonte di preoccupazione riguarda l’approvigionamento energetico. Il paese importa tutto il petrolio che consuma e, di conseguenza, la sua bilancia commerciale è molto sensibile alle fluttuazioni del prezzo del greggio. Nel corso degli ultimi anni, l’andamento dei prezzi del petrolio e delle materie prime ha contribuito alla volatilità dei tassi di inflazione in Corea. Guardando a lungo termine, tuttavia, le prospettive per la Corea sono ampiamente positive, anche in seguito alla definizione di un patto commerciale con l’Ue per un valore di circa 30 miliardi di dollari.
Taiwan torna a crescere
Secondo un recente report di Moody’s, l’economia di Taiwan dovrebbe crescere del 3,8% nel 2013, per poi superare la soglia del 4% nel 2014. Nonostante sia un’economia molto orientata alle esportazioni, anche la domanda interna è vista in crescita dagli analisti. Infatti, circa la metà del mercato di Taiwan, in termini di capitalizzazione, è formato da imprese tecnologiche, le quali risentono dell’andamento dei paesi occidentali.
“Perciò la ripresa americana e cinese saranno fondamentali per rilanciare le esportazioni tecnologiche di Taiwan”, si legge in una nota a cura di Naxitis Global AM. “Inoltre, tutti i paesi del sud-est asiatico stanno beneficiando di iniziative politiche incorraggianti anche dal punto di vista della domanda interna, come una maggiore spesa per le infrastrutture”.
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