Anche per le banche gli esami sembrano non finire mai. L’indice Msci del segmento finanziario nell’ultimo mese (fino al 18 marzo e calcolato in euro) ha guadagnato il 4,2%, portando a +10,3% la performance da inizio anno. Andamenti curiosi se si considera che la congiuntura globale (da cui i bilanci delle banche in larga parte dipendono) stenta a ingranare. Ma i risultati che emergono dai test a cui le autorità di controllo sottopongono gli istituti di credito per vedere come reagirebbero a un peggioramento della crisi sembrano essere convincenti.
Banche Usa promosse
Negli Stati Uniti la Federal Reserve ha promosso 17 grandi banche su 18 all’esame degli stress test. Davanti a uno scenario che prevede una disoccupazione al 12,1%, cali del mercato azionario di oltre il 50% e flessioni dei prezzi immobiliari del 20%, oltre a una drastica frenata dell’Asia, soltanto la Ally Financial, la ex controllata finanziaria della Gm, sarebbe scossa dalla crisi. Secondo la Fed “significativi aumenti sia della qualità che della quantità del capitale delle banche negli ultimi quattro anni hanno consentito di assicurare che gli istituti continuino a concedere credito a consumatori e aziende anche in momenti economici difficili”.
La Banca centrale Usa ammette però che le perdite, in un simile scenario negativo, sarebbero significative. “Il rosso ipotizzato per le 18 banche ammonterebbe a 462 miliardi di dollari durante i nove trimestri considerati nello stress test”, si legge nel comunicato diramato dall’istituto guidato da Ben Bernanke. Bank of America perderebbe 51,8 miliardi di dollari (il periodo ipotizzato è tra la fine del 2012 e la fine del 2014) a causa anzitutto di prestiti in sofferenza. JP Morgan perderebbe 32,3 miliardi e Citigroup 28,6 miliardi. I due istituti con il livello di capitale Tier 1 (la componente primaria del capitale) più solido in presenza di rovesci dell'economia sono Bank of New York Mellon e American Express.
L’Europa può fare meglio
In Europa, intanto, le 44 maggiori banche dovrebbero rafforzare i mezzi propri di altri 112,4 miliardi di euro per rispettare le regole di Basilea 3 (che impongono un aumento degli indici patrimoniali entro il 2019) sulla base del loro attuale stato di salute. Ma sono stati fatti netti progressi rispetto alla fine del 2011. Le indicazioni sono contenute nel terzo “Esercizio di monitoraggio” effettuato dalla European Banking Authority (Eba) sulla base dei dati al 30 giugno 2012. Per le 110 banche di minori .dimensioni (il cosiddetto Gruppo 2) il difetto di capitale complessivo ammonterebbe a 17,9 miliardi rispetto al target. Nel caso delle big (il Gruppo 1), nota l’Eba, “il miglioramento (rispetto al precedente esercizio, Ndr) è collegato principalmente a un incremento del capitale piuttosto che a una riduzione dell’attivo ponderato per il rischio. La variazione riflette in parte i progressi fatti dalle banche europee nel migliorare le posizioni di capitale e nell’aumento della resistenza complessiva del sistema bancario europeo agli shock”.
Per quanto riguarda l’Italia, la simulazione ha preso in considerazione due banche nel Gruppo 1 (ovvero Intesa Sanpaolo e Unicredito) e 11 banche nel Gruppo 2. Le regole di Basilea 3 avrebbero dovuto entrare in vigore il primo gennaio 2013, ma la loro partenza è stata rinviata in assenza di un accordo a livello europeo.
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