Messico e nuvole, la faccia triste dell’America, dice la canzone. In realtà, le cose non stanno affatto così. Anzi, il paese che fa da cerniera tra gli Stati Uniti e l’America latina sta vivendo un momento d’oro (l’indice Msci Mexico è cresciuto del 29% nel 2012 e del 7,7% da inizio anno; dati in euro al 26 marzo). Dall’ultima crisi economica a metà degli anni ’90, che portò anche a una fortissima svalutazione del peso, il Messico ha perseguito un costante percorso di crescita. Nel corso degli ultimi anni, l’economia e le finanze pubbliche hanno trovato stabilità, grazie anche alla continua creazione di posti di lavoro e a un’inflazione piuttosto contenuta.
Le riforme attirano gli investimenti
Dando uno sguardo al futuro, le previsioni restano positive nel medio termine. Il presidente, Enrique Peña Nieto, eletto lo scorso dicembre, ha già fatto approvare un’importante riforma dell’istruzione e in queste settimane sta spingendo per la liberalizzazione dei mercati televisivi e delle telecomunicazioni, entrambi settori chiave nell’economia messicana. Ma non finisce qui. Il programma di governo prevede anche un incremento del gettito fiscale e l’apertura del settore energetico, ad oggi di fatto statalizzato. Non stupisce quindi che a inizio marzo l’agenzia di rating Standard&Poor’s abbia migliorato l’outlook per il rating sovrano del Messico da stabile a positivo, segnalando ulteriori aggiornamenti possibili nei prossimi 18 mesi.
Tutte queste misure hanno convinto gli investitori internazionali; recentemente il paese centro americano è stato oggetto di forti flussi di capitali esteri, sia nell’azionario sia nell’obbligazionario. La banca centrale messicana ha infatti riferito che nel mese di febbraio 2013, gli investitori stranieri hanno investito in titoli messicani la cifra record di 80 miliardi di dollari, circa cinque volte di più rispetto ai flussi verso il Brasile, la prima economia della regione.
Il legame con gli Usa
“Nonostante la maggior parte delle società quotate abbiano un’esposizione agli Stati Uniti piuttosto limitata, l’economia messicana è abbastanza dipendente da quella americana”, afferma Patricia Oey, analista Etf di Morningstar, in una nota. “Da quando è stato firmato nel 1994 il North American Free Trade Agreement (Accordo nordamericano per il libero scambio), il ruolo del Messico come bacino di manodopera a basso costo è stato in costante aumento. Attualmente, le esportazioni verso gli Stati Uniti rappresentano circa un quarto del Prodotto interno lordo totale. Questo legame può in parte spiegare la forte correlazione tra l’Msci Mexico e lo S&P 500 (88% negli ultimi cinque anni, dati al 28 febbraio), più alta rispetto alla media dei mercati emergenti”.
I rischi ci sono
Certo non si può dire che investire in Messico non comporti dei rischi. Le violenze legate ai cartelli criminali dei signori della droga restano ancora molto presenti nella società messicana, tanto che il governo ha calcolato che costano almeno l’1% di Pil (Prodotto interno lordo). Inoltre, le riforme legate alla liberalizzazione economica, se da un lato portano concorrenza e migliori tariffe per i consumatori, dall’altro potrebbero avere ripercussioni sulle società dei settori delle telecomunicazioni, tra le più pesanti nell’indice e sul listino messicano. Infine, “le entrate pubbliche sono fortemente dipendenti dal settore petrolifero, il che le rende esposte nell’eventualità di un abbassamento della produzione o del prezzo del greggio”, conclude Oey.
Un po’ di Messico a Piazza Affari
In Italia sono quotati solo due Exchange traded fund che offrono un’esposizione diretta al mercato messicano: il Cs Etf (Ie) On Msci Mexico Capped e il Db X-Trackers Msci Mexico Ucits Etf. Per chi invece cercasse un’esposizione più ampia alla regione, su Borsa Italiana ci sono ben 7 Etf dedicati all’America Latina, all’interno dei quali il mercato messicano pesa in media per il 20%.
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