L'America latina perde il treno

I mercati della regione emergente non riescono a tenere il passo di quelli dei paesi sviluppati. L'interesse degli investitori va agli Usa e al Giappone. 

Marco Caprotti 03/04/2013 | 16:36
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L’America latina è sempre più sganciata dai mercati sviluppati. L’allontanamento, che durante i periodi più neri della crisi scatenata dai mutui americani subprime aveva permesso alla regione emergente di superare agevolmente la tempesta, oggi si sta rivelando un limite. L’analisi degli indici borsistici, in questo senso è impietosa. Il paniere Msci dedicato all’America latina nell’ultimo mese (fino al 2 aprile e calcolato in euro) ha guadagnato lo 0,21%. Nello stesso periodo il benchmark relativo agli Usa è salito del 4,7%, mentre quello dell’Europa ha segnato un progresso del 3,26%. La situazione peggiora con l’ampliarsi dell’orizzonte temporale. Da inizio anno il paniere del Sudamerica ha guadagnato il 2,34%, ma deve fare ancora molta strada per raggiungere il +13,5% segnato dall’indice degli Usa o il +7% di quello del Vecchio continente. Negli ultimi 12 mesi l’andamento negativo del Latam (-3%) contrasta con il +16,3% e il +14,3% segnato, rispettivamente dal benchmark americano e dallo Europe.

“In passato, poiché l’indebitamento estero era più elevato, il flusso in entrata di capitali provenienti dai mercati sviluppati era maggiore, e quindi anche la correlazione tra America latina e mercati sviluppati era elevata” Andres Calderon, Vice President of Research - Hansberger Global Investors (gruppo Natixis). “Ma negli ultimi anni tale correlazione si è leggermente ridotta. Non si tratta di un calo repentino, ma quantomeno la tendenza continuerà in questo senso”. Lo stesso vale anche in termini di singolo paese. “Ad esempio, poiché il Messico è maggiormente collegato con gli Stati Uniti, i due paesi risultano maggiormente legati”, dice Calderon. “Nell’area meridionale, in Perù e in Brasile, dove le esportazioni verso gli Stati Uniti sono più contenute, anche la correlazione è minore”. Va detto che l’investimento in tutti i mercati emergenti in questo momento si sta presentando difficile. “Il miglioramento della situazione negli Usa e in Giappone sta portando le strade dei mercati in via di sviluppo e dei paesi avanzati a separarsi”, dice uno studio firmato da Christian Keller e Koon Chow, analisti di Barclays. “Questo fenomeno riguarda soprattutto gli emerging dove la crescita è deludente”.

Le strade si dividono
Nell’area Latam interessa il Brasile dove, Il mercato azionario, ormai da qualche tempo mostra un andamento inferiore alla media nel confronto internazionale.  “Da un lato, continua il boom dei consumi, dall’altro troviamo una produzione industriale in forte calo”, dice un report di Raiffeisen Capital Management. “Una situazione difficile nelle infrastrutture e la mancanza di manodopera sufficientemente qualificata sono problemi che interessano il governo, ma non sono risanabili in tempi brevi, poiché richiedono il finanziamento e l’implementazione da parte partner privati. Entro il 2015 si parla di investimenti pari a 400 – 500 miliardi di dollari. Tuttavia gli investimenti nelle infrastrutture – anche se molto remunerativi per l’economia in generale – danno rendimenti piuttosto modesti per gli stessi investitori. Perciò il governo dovrà impegnarsi al massimo per attirare i privati”. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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