La differenza tra il “conto corrente” e il “deposito bancario o postale” è cruciale al fine della corretta applicazione della nuova disciplina sull’imposta di bollo al punto che, dati i differenti criteri di tassazione, sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Ricordiamo che, a norma dell’art. 13 della Tariffa, allegata al DPR 642/72, mentre i conti correnti sono soggetti ad imposta di bollo in misura fissa (34,20 euro se il correntista è una persona fisica e con il limite di 5.000 euro del valore medio di giacenza), i depositi bancari e postali sono soggetti ad imposta proporzionale, (1,5 per mille annuo dal 2013, senza alcun limite massimo per le persone fisiche).
Infatti, i conti deposito sono assimilati a strumenti finanziari e scontano il trattamento impositivo a questi riservato (art. 13, comma 2-ter della Tariffa allegata al DPR 642/72). Per questo, i depositi scontano un trattamento più oneroso rispetto ai conti correnti.
Quali confini
Tuttavia, il confine tra conti correnti e conti deposito non è sempre così limpido.
Dal punto di vista civilistico, la definizione è fissata dagli artt. 1852 (conti correnti) e 1834 c.c. e tale definizione assume rilevanza anche ai fini fiscali, come rilevato dall’Agenzia delle Entrate nella ris. del 23 gennaio 2009, n. 15.
In particolare, l’art. 1834 c.c. definisce “deposito bancario” il contratto con il quale la banca acquista la proprietà di una somma di denaro, obbligandosi a restituirla nella stessa specie monetaria, alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante, con l’osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi.
Invece, il conto corrente è il contratto con il quale si stabilisce di far confluire in un medesimo conto accrediti ed addebiti, ma con il quale il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito. Il conto corrente è un contratto accessorio ad altre operazioni poste in essere tra banca e cliente (deposito, apertura credito, etc.).
Pertanto, sebbene i due contratti siano ben diversi (nel deposito la banca acquista la proprietà del denaro, mentre l’operazione di conto corrente crea una disponibilità del cliente presso la banca, svolgendo un servizio di cassa), le due operazioni spesso si mescolano e si uniscono e non appare semplice operare le opportune distinzioni.
Nella prassi bancaria, infatti, con la nozione di deposito, si intendono sia i depositi che costituiscono la provvista di un conto corrente, che i depositi con funzioni diverse, tra i quali possono rientrare non solo i certificati di deposito o i depositi alimentati attraverso un conto corrente di appoggio, ma anche i depositi in conto corrente la cui funzione principale non sia quella di fornire la provvista al conto.
Pertanto, secondo tali prassi, nella nozione di deposito, rientrerebbero anche i depositi in conto corrente.
Il bollo come fine
D’altro canto, le difficoltà nel tenere distinte le due nozioni, ai fini del bollo, erano già state poste in luce dall’ABI, nel parere 1297/2012. In tale documento, l’ABI aveva affermato che la tassazione deve avvenire dando rilievo alla connotazione reale del rapporto aperto con il cliente, “al di là della denominazione con la quale esso venga commercializzato”. Insomma, secondo l’ABI, anche ove venisse chiamato “deposito”, il rapporto, la cui regolamentazione sia riconducibile all’art. 1852 c.c., deve comunque scontare l’imposta di bollo fissa di 34,20 euro prevista per i conti correnti. Il conto corrente ha funzione di pagamento.
Sempre secondo l’Associazione, il discrimine tra conti correnti e depositi potrebbe essere rinvenuto nella “funzione di pagamento”, insita nel contratto di conto corrente e non presente nel contratto di deposito. Pertanto la configurazione di forme di deposito associate ad un conto corrente, finalizzate ad assicurare un maggior rendimento ai correntisti che rispettino determinati vincoli di utilizzo per un tempo prestabilito, ma senza pregiudicare per questo la possibilità per il cliente di ottenere la restituzione delle somme versate sul conto in qualsiasi momento, non dovrebbe di per sè far perdere al rapporto la natura di conto corrente, tassato con l’imposta fissa.
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