Ford e General Motors affilano i coltelli per il duello americano con Fiat-Chrysler. Le due big dell’automotive a stelle e strisce sono impegnate in un radicale processo di trasformazione che, secondo gli analisti di Morningstar, il mercato sembra non aver ancora adeguatamente valutato.
L’auto Usa va a pieni giri
Diversamente da quanto si osserva il Europa dove anche nel primo trimestre del 2013 le immatricolazioni sono calate del 9,8% su base annua, negli Stati Uniti le vendite di autovetture proseguono nel loro trend crescente dopo aver toccato i minimi nel 2009, quando per effetto della recessione il mercato dell’auto era tornato ai livelli dei primi anni ’80. Le prospettive per i prossimi anni continuano a essere positive: i nostri analisti sono convinti che la domanda si manterrà sostenuta, anche se in calo rispetto agli ultimi due anni, e stimano una crescita media attorno al 7% per i prossimi 4-5 anni. Gli investitori, comunque, non devono guardare con apprensione a questo rallentamento. Il settore auto, infatti, si caratterizza per un elevato livello della leva operativa, quindi, anche nel caso di tassi di crescita più contenuti, le economie di scala dovrebbero garantire margini di profitto soddisfacenti.
Il mercato sconta GM
I nostri analisti hanno inserito il titolo General Motors nella lista delle migliori idee di investimento di Morningstar per effetto dell’elevata percentuale di sconto riconosciuta dal mercato, che lo scambia ad un prezzo attorno ai 30 dollari a fronte del nostro prezzo obiettivo pari a 52 dollari. La General Motors di oggi è un’azienda molto diversa da quella costretta al fallimento nel 2009. La ristrutturazione ha comportato il dimezzamento dei marchi sul mercato americano e un forte contenimento del costo del lavoro in virtù anche del trasferimento degli oneri pensionistici a carico del sindacato dei lavori del comparto auto. Tuttavia GM deve ancora colmare un gap importante rispetto ai suoi competitor internazionali, ovvero quello legato alle insufficienti economie di scala. La società americana utilizza un numero elevato di piattaforme di produzione, anche se stando ai piani del management queste dovrebbero essere tagliate del 50% entro il 2018.
Il tallone di Achille di GM si chiama Europa
La significativa riduzione dei costi fissi di produzione che questo comporterebbe, insieme alla crescita del fatturato, sostenuta dell’uscita di un numero importante di nuovi modelli, promettono di far salire il margine operativo all’8% nel 2017. A pesare sui conti di General Motors, però, c’è il negativo andamento di GM Europe che nel 2012 ha registrato una perdita di circa 1,8 miliardi di dollari. Le prospettive per i prossimi anni, poi, non sembrano affatto incoraggianti, considerato che il management dell’azienda si è dato come obiettivo per il 2015 quello di raggiungere il breack-even (ovvero il punto di equilibrio tra costi totali e ricavi totali).
Ford, margini di lusso
Anche Ford, per cui i nostri analisti stimano un prezzo obiettivo di 21 dollari, mostra significativi margini di apprezzamento nonostante il titolo abbia recentemente toccato i massimi degli ultimi 12 mesi a quota 14,30 dollari. A differenza di GM, Ford ha da tempo avviato il miglioramento del processo produttivo grazie ad un significativo taglio dei costi fissi nel 2005 e la riduzione delle piattaforme di produzione. Questo si è tradotto in una forte crescita del margine operativo che, a fine 2012, ha superato il 10% raggiungendo livelli paragonabili a quelli dei produttori di auto di lusso.
Le nostre aspettative sono per un ulteriore miglioramento della profittabilità grazie alla riduzione dei costi fissi dovuta alla maggior concentrazione della produzione in un numero ancora più limitato di piattaforme. La crescita degli utili ha inoltre permesso quest’anno al management dell’azienda di raddoppiare il dividendo, portando il rendimento al 3%. I nostri analisti sono convinti che la società americana continuerà a essere disciplinata nella sua politica di remunerazione degli azionisti (anche in ragione delle positive prospettive di crescita del settore auto negli Usa) e che utilizzi la liquidità generata per tagliare il suo debito o per finanziare un’operazione di riacquisto di azioni proprie.
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