L’Africa ha gli occhi a mandorla. Il Dragone, infatti, è il primo partner commerciale dei principali paesi del continente, tanto che gli investimenti cinesi in Africa sono passati da meno di un miliardo di dollari nel 2000 a oltre 10 miliardi nel 2010 e le stime parlano di 100 miliardi nei prossimi anni. Dal 2007 la Cina ha sottoscritto accordi di sostegno bilaterali con 49 Stati africani e contratti di prestito con 22. “Il tasso degli investimenti esteri è cresciuto 10 volte negli ultimi 10 anni”, spiega Tommaso Bonanata, gestore di Julius Baer Africa opportunities fund (gruppo Swiss&Global). “L’arrivo della Cina in Africa ha migliorato le infrastrutture e potenziato il settore manifatturiero. Altri paesi emergenti come Brasile, Turchia, Malesia e India stanno imitando Pechino”.
Non solo materie prime
Il Continente nero è ricchissimo di materie prime e risorse naturali che fanno gola a molti, specialmente a un’economia in pieno boom industriale come quella cinese. Tuttavia, gli interessi cinesi in Africa non si limitano allo sfruttamento delle commodity. “Ad esempio, in Ghana, durante la nostra visita alla Banca centrale, abbiamo incontrato un gruppo molto competente di dirigenti desiderosi di promuovere il paese come destinazione di investimento”, afferma nel suo ultimo commento Mark Mobius, presidente del Templeton Emerging Markets Group e considerato uno dei più grandi esperti di mercati emergenti al mondo. “ Il loro focus era sul contenimento dell'inflazione e la creazione di un ambiente aziendale stabile. L’erogazione del credito negli ultimi anni è stato un problema, ma ci ha pensato il governo cinese a fornire prestiti”. Ma non finisce qui. Dal 2007, tutti gli istituti universitari in Ghana forniscono corsi di lingua cinese. Questa iniziativa riflette il crescente ruolo della Cina come superpotenza e gli stretti legami del Ghana con il Celeste impero. “Un altro esempio è il Kenya, che riteniamo abbia una posizione attraente come centro d’interesse per l'India e la Cina”, prosegue Mobius. “Abbiamo visto molte aziende cinesi e indiane istituire le loro operazioni a Nairobi”.
Prima di recarsi a Durban per l’incotro annuale tra i paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) del 27 marzo scorso, il presidente cinese Xi Jinping ha visitato la Tanzania e il Congo. “Questi paesi potrebbero beneficiare degli investimenti cinesi, come già successo in Nigeria e in Kenya”, si legge nel commento di Mobius. “I cinesi si sono focalizzati soprattutto sugli investimenti strutturali, vale a dire sulla costruzione di strade, ferrovie, centrali elettriche. Elementi che formano la spina dorsale per l’attività economica”.
Le scommesse del guru
Il Fondo monetario internazionale ha recentemente previsto che nel corso dei prossimi cinque anni, ben 12 delle 20 economie a più rapida crescita saranno africane (dieci nell'Africa sub-sahariana e due in Nord Africa). Anche Mobius sembra avere le idee chiare per quanto riguarda i paesi su cui puntare. “Pensiamo che economie come la Nigeria e il Kenya continueranno a crescere più velocemente rispetto agli altri mercati emergenti, incrementando ulteriormente la classe media che si sta formando e fornendo opportunità per le aziende nel settore dei beni di consumo, oltre a essere mercati isolati rispetto alla crisi occidentale”.
Senza dimenticare ovviamente il Sud Africa, il motore della regione. “È l’unico paese che non può essere considerato di frontiera; presenta un mercato finanziario molto più ampio e liquido. Teniamo in forte considerazione la corporate governance delle società sud africane, che spesso forniscono esposizione ad altri paesi del continente”. Più in generale, secondo Bonanata di Swiss&Global, il Continente nero potrebbe entrare nel mercato globale con la manifattura leggera e i servizi come i call center.
L’offerta italiana
A disposizione degli investitori italiani interessati, ci sono una trentina di fondi (di diverse classi) che offrono esposizione a società operanti in Africa. Gli analisti di Morningstar invitano sempre e comunque alla cautela quando si sceglie un fondo specializzato su mercati emergenti e di frontiera, e suggeriscono di dedicare al massimo una piccola porzione di un portafoglio molto diversificato.
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