Meglio non farsi incantare dall’indice. L’Eurozona, dicono gli operatori, potrebbe essere sull’orlo di una nuova crisi economica. Un’eventualità che il paniere Msci della regione (cresciuto da inizio anno, fino al 15 maggio e calcolato in euro, del 9,8%) ancora non contempla, ma che i numeri macro sembrano indicare con preoccupante precisione. Nel primo trimestre 2013, secondo Eurostat, il Pil (Prodotto interno lordo) è diminuito dello 0,2% nell’area Euro e dello 0,1% nella Ue a 27, rispetto al trimestre precedente. Nel quarto trimestre 2012 i tassi di crescita sono stati rispettivamente pari a -0,6% e -0,5%. Nel confronto con il primo trimestre 2012, il Pil è sceso nel primo trimestre del 2013 dell’1% nell’area Euro e dello 0,7% nella Ue27, dopo i -0,9% e -0,6% del quarto trimestre 2012.
Borse ed economia viaggiano separate
In questa situazione credere (come fanno molti) che le Borse anticipino una fase di ripresa congiunturale potrebbe essere un errore. Non sarebbe la prima volta, infatti che i due elementi viaggiano in direzioni separate. Un esempio recente lo abbiamo avuto in Europa nel 2012 quando, con l’economia greca al collasso, la piazza di Atene ha guadagnato il 33% (la performance migliore fra le borse dell’Unione europea). “Ci sono diversi fattori che alimentano, soprattutto nel breve e medio periodo, il comportamento delle azioni, sganciandole dal contesto economico”, dice uno studio firmato da Liz Ann Sonders, vice president e strategist di Charles Schwab. “L’andamento degli utili e le valutazioni sono i due più conosciuti. Ma la storia dimostra che l’andamento dell’equity spesso è condizionato dalle sorprese, positive o negative, che riservano le notizie congiunturali rispetto alle attese . Un economia, anche se debole, che riesce a superare le stime di mercato spesso fa partire degli acquisti. E viceversa”. Un altro elemento da tenere in considerazione è il comportamento delle Banche centrali. “Gli istituti di politica monetaria hanno spinto i tassi di interesse talmente in basso che gli investitori in bond si sono spostati sull’azionario in cerca di rendimento”, continua Sonders. “Infine, soprattutto nel breve periodo, ci sono fenomeni di autoalimentazione: quando i listini salgono aumenta il numero di coloro che entra sui mercati spingendo ulteriormente le quotazioni”.
Verso una nuova crisi?
“L’attività economica della zona euro permane debolissima a causa dell’austerità fiscale e delle restrizioni al credito”, spiega una nota di Mark Burgess, Chief Investment Officer di Threadneedle. “Il recente indebolimento dell’attività francese è motivo di crescente preoccupazione e mostra che i problemi della regione non sono confinati ai soli paesi della periferia. Anche la Germania si dimostra un fattore meno positivo che in passato e soffre dell’apprezzamento dell’euro rispetto a concorrenti importanti. Ci attendiamo un calo del Pil della zona euro dello 0,5% per l’anno in corso, seguito da un recupero della crescita dello 0,5% nel 2014”.
La palla, a questo punto, secondo gli investitori, è di nuovo in mano alla Banca centrale europea. “Continuiamo a non credere alla visione ottimista di un miglioramento durante il secondo semestre”, spiega uno studio di Carmignac Gestion. “L’indebolimento congiunturale tedesco deve favorire l’assunzione di decisioni da parte della Bce, attraverso una politica monetaria più aggressiva che contribuisca a indebolire l’euro. In settembre in Germania si svolgeranno le elezioni politiche. Ma queste rischiano di sfociare in un pericoloso status quo, volto a non urtare l’elettore tedesco, da sempre molto attaccato alla forza della propria moneta. Se alla difficile gestione della riduzione del debito, che ha fatto ribellare gli italiani, e alla dimostrazione di debolezza della governance europea, nuovamente messa in luce dalla sconfortante gestione della crisi cipriota, dobbiamo aggiungere l’immobilismo della Bce, la prossima esplosione della crisi europea non tarderà a farsi sentire”.
Le scelte operative
In una situazione del genere diventa cruciale la strategia di investimento in cui si guarda anche al di fuori dei confini europei e in cui si tengono d’occhio le valutazioni. “Sembra probabile che persista ancora volatilità sui mercati, in quanto l’apparente tranquillità nell’Eurozona, implicita nell’attuale comportamento del mercato, sembra inappropriata”, spiega uno studio firmato da Dave Fishwick, Head of Macro and Equities Investments, M&G. “Siamo convinti che le valutazioni giochino un ruolo importante in questo contesto. È impossibile contare su regole empiriche quando si cerca di ottenere una buona diversificazione. E’ invece indispensabile monitorare costantemente la natura del comportamento dei prezzi. Per quanto riguarda i mercati azionari, l’inizio del 2013 ha evidenziato quanto sia cruciale nel contesto attuale la selezione dei mercati. Il nostro credo è che alcune delle migliori opportunità risiedano nei mercati che sono valutati in maniera interessante (come l’indice inglese Ftse 100), nelle azioni di società europee con attività globali e in quei mercati che presentano buone valutazioni perché hanno vissuto delle fasi di debolezza. Corea e Italia sono due esempi. Molti dei titoli di Stato occidentali continuano ad apparire vulnerabili alle variazioni del sentiment. Alcune obbligazioni dei mercati emergenti, come il Messico, o i bond a lunga scadenza del Regno Unito, sembrano offrire del valore, anche se la fortissima performance di molti mercati negli ultimi anni li ha lasciati a livelli poco interessanti”.
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