L’azionario inizia a prendersi qualche rivincita sull’oro. Anche nella gestione passiva. Nell’ultimo trimestre del 2012, i dati Morningstar sui flussi netti degli exchange traded fund parlavano di un accenno di preferenza per gli azionari, ma è solo nel 2013 che è avvenuta la svolta con la fuoriuscita dagli Etc (Exchange traded commodity) sull’oro. Nel dettaglio gli Etc sui metalli preziosi (per lo più prodotti sull’oro) hanno avuto deflussi per quasi 1,15 miliardi di euro; per contro nei soli primi due mesi dell’anno i flussi netti in Etf azionari sono stati pari a 3,6 miliardi di euro e l’andamento di marzo e aprile conferma il trend.
Il ritorno alle azioni è legato alla ricerca di rendimenti più appaganti in un contesto macro meno teso. L’euro non è crollato, i problemi di bilancio degli Stati Uniti sono stati vissuti più come una drammaturgia politica e i mercati emergenti, anche se hanno rallentato la corsa, non sono crollati. In più, il reddito fisso e i metalli preziosi negli ultimi mesi hanno perso un po’ del loro smalto. Se però guardiamo alla sola Italia, le prospettive economiche sono ancora caratterizzate dall’incertezza. Gli investitori sono consapevoli che l’economia è in recessione e la situazione politica rimane fragile. Ecco perché tra i replicanti azionari, preferiscono quelli large-cap con un’ampia diversificazione geografica.
Meglio internazionali
Se consideriamo i flussi degli Etf a livello europeo, i replicanti azionari più popolari sono quelli che hanno indici di riferimento ampi, come l’Msci World, l’Euro Stoxx e l’Msci Emerging Markets. Tuttavia, l’eccezione che conferma la regola c’è sempre. Anzi, dai nostri dati, ce ne sono ben due: gli Etf che tracciano l’andamento dell’S&P500 e quelli che replicano gli indici azionari giapponesi come il Nikkei e l’Msci Japan. Nel primo caso, infatti, gli investitori europei stanno scommettendo sulla migliore prospettiva di crescita dell’economia americana; nel secondo caso invece è l’effetto noto come “Abe trade”, ossia l’aspettativa che la combinazione di una politica monetaria meno aggressiva e un’espansione di quella fiscale potrebbe portare il Giappone fuori dal lungo torpore economico (un ventennio).
L’Italia non fa eccezione
Tra gli Etf azionari quotati in Borsa Italiana, quelli che hanno ottenuto i maggiori flussi netti da inizio anno (il dato aggregato, ossia il Total estimated fund level net flow, dato dalla somma dei flussi netti mensili del 2013 a livello del fondo o, qualora non fosse presente, delle singole classi di azioni, è calcolato a livello europeo) sono stati l’SPDR S&P Us dividend Aristocrats Etf, l’UBS-ETF Msci Pacific (ex Japan) e il db x-trackers Msci Ac Asia ex-Japan (254, 251 e 217 milioni di euro, rispettivamente). Notiamo che anche nel mercato italiano hanno prevalso quelli che mirano a replicare il rendimento di panieri value e large cap, così come a livello europeo.
Spdr, il replicante di State Street,mira a riprodurre il rendimento di titoli azionari che si sono dimostrati capaci di corrispondere dividendi elevati, concentrati sui mercati statunitensi. Questo Etf impiega la replica fisica, cercando di catturare la performance dell’indice S&P High Yield Dividend Aristocrats Net TR, selezionando alcune azioni in tutti i componenti del sottostante negli stessi pesi dell’indice. In alcune circostanze può anche decidere di usare strumenti derivati per il raggiungimento degli obiettivi. In termini di commissioni, esso presenta un Ter dello 0,35% che è relativamente in linea con gli altri Etf della stessa categoria.
Gli altri due Etf azionari danno esposizione all’area dell’Asia emergente, eccetto il Giappone. Quello di Ubs, anch’esso fisico, assume l’esposizione sui componenti dell’indice Msci Pacific ex-Japan. Inoltre, Ubs può impegnarsi anche in operazioni di prestito titoli per generare ricavi aggiuntivi. Questi ricavi possono parzialmente compensare le spese del Ter (0,40%, inferiore alla media di categoria).
Il comparto di db x-trackers, invece, è a replica sintetica. L’Etf si impegna in un contratto swap con la casa madre ( Deutsche Bank), mentre il collaterale è detenuto in un conto separato presso State Street Bank. Il replicante non prevede la distribuzione dei dividendi, né operazioni di prestito titoli e presenta un Ter di 0,65%, in media con gli altri Etf che replicano lo stesso indice.
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