Il Giappone, dicono i numeri, sta lasciando al palo gli Stati Uniti. E gli investitori si affrettano a individuare la strategia migliore per sfruttare la ripresa del Sol levante, trainata soprattutto dall’indebolimento dello yen.
Nel primo trimestre il Prodotto interno lordo nipponico è cresciuto al tasso annualizzato del 3,5%. Una definitiva consacrazione per le cosiddette “Abenomics”, le politiche economiche sfoderate dal primo ministro Shinzo Abe per tirare il Paese fuori dalla spirale deflattiva. In sei mesi il governo ha implementato un pacchetto di spesa da circa 100 miliardi di euro, mentre lo yen è sceso ai minimi storici sul dollaro dopo che la banca centrale ha annunciato un ingente programma di acquisto di bond. Risultato: i consumi e le esportazioni sono saliti ancora prima che le manovre avessero un impatto effettivo. Una vera e propria ventata di fiducia che, secondo gli operatori, è destinata a durare.
Restano un passo indietro gli Usa dove il Pil è cresciuto del 2,5% nel primo trimestre. Il prodotto interno lordo è aumentato meno delle attese, che erano per una crescita compresa tra il 3% e il 3,2%. Nel quarto trimestre, il Pil era cresciuto dello 0,4%. L’accelerazione della crescita è legata a un miglioramento degli stock delle imprese private, a un incremento dei consumi delle famiglie, a una ripresa dell’export e a un calo della spesa pubblica, i cui effetti sono stati parzialmente compensati da una ripresa delle importazioni e un rallentamento degli investimenti non residenziali privati.
Il sorpasso si è visto anche in termini borsistici. L’indice Msci del Sol levante da inizio anno (fino al 17 maggio e calcolato in euro) ha guadagnato il 27,6%, mentre quello relativo agli Stati Uniti ha segnato +20,8%.
Meglio difendersi dallo yen
Alla luce di questo quadro diventa sempre più importante capire se e quanto convenga inserire azionario giapponese nel portafoglio e quanto la corsa della Borsa del Sol levante potrà continuare. “La prima questione è insidiosa”, spiega Josè Garcia Zarate, analista di Morningstar. “Un elemento che bisogna tenere in considerazione se si decide di acquistare asset giapponesi è il deprezzamento dello yen, che poi è uno degli effetti della Abenomic. In generale, quando si investe in un titolo trattato in una valuta diversa rispetto alla nostra, bisogna calcolare anche l’andamento della divisa in cui viene trattato. Il caso del Giappone, in questo senso, è illuminante. Facciamo l’esempio di un investitore americano che decide di acquistare equity nipponico: il mercato di Tokyo è salito di quasi il 30%. Ma il deprezzamento dello yen rispetto al dollaro si è di fatto mangiato la maggior parte del guadagno. L’asset in valuta giapponese farebbe quindi scendere il valore di un portafoglio più diversificato”.
Come bisogna procedere, quindi? “L’ideale, quando si acquista un titolo giapponese, sarebbe di comprare anche uno strumento di protezione”, dice Zarate. “Gli investitori professionali, di solito, utilizzano le opzioni o i future sulle valute. I risparmiatori, invece, potrebbero orientarsi su titoli internazionali, come molti energetici, che hanno i bilanci in dollari. Un’altra scelta possono essere le azioni delle società giapponesi che hanno una buona quota di mercato negli Stati Uniti e quindi incassano valuta americana. Toyota è l’esempio classico. Alle azioni del gruppo i nostri analisti danno un rating di tre stelle che equivale a un suggerimento di mantenere il titolo in portafoglio. L’azienda ha un forte vantaggio competitivo nel settore delle quattroruote e ha una filosofia industriale improntata alla continua innovazione. Basti dire che secondo l’amministratore delegato di Ford, Toyota è l’esempio di come un gruppo auto dovrebbe funzionare”.
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