Per gli investitori la corsa dei titoli delle banche europee sta diventando troppo rischiosa. Soprattutto considerando gli ostacoli creati dalla situazione macro del Vecchio continente. Da quando, poco più di un anno fa, il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi ha annunciato che avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvare l’unità della regione l’indice Msci del settore finanziario ha guadagnato più del 38%.
Da allora, però, la situazione congiunturale (a cui la salute della banche è legata a doppio filo) non ha preso la piega sperata. La crisi del sistema bancario a Cipro e l’incertezza politica in Italia, solo per citare due degli ultimi sviluppi, hanno contribuito a interrompere il miglioramento delle condizioni in Europa. Le ripercussioni sui mercati sono state tuttavia contenute dai progressi compiuti in più paesi nel processo di aggiustamento fiscale, dal cammino verso un sistema di vigilanza bancaria unico e dal perdurare degli effetti stabilizzanti dell’approvazione del programma Outright Monetary Transactions (un piano per dare aiuto agli stati in difficoltà in cambio di un profondo risanamento dei conti pubblici) da parte della Banca centrale europea a settembre 2012.
La congiuntura non va
“I principali rischi per la stabilità finanziaria, soprattutto nei paesi dell’area più esposti alla crisi del debito sovrano, sono connessi con la possibilità che la recessione sia prolungata da una spirale tra debolezza della domanda, rischio sovrano e fragilità delle banche”, spiega uno studio della Banca d’Italia. Vulnerabilità emergono anche in alcune economie che beneficiano di tassi di interesse sui titoli di Stato eccezionalmente ridotti, in presenza di disavanzi pubblici ancora elevati, di un alto indebitamento privato, della debolezza del settore immobiliare e dell’occupazione. “In una situazione del genere bisogna essere molto selettivi con le banche europee che si vogliono mettere in portafoglio”, spiega Erin Davis, analista di Morningstar. “I titoli di questo segmento hanno un prezzo che corrisponde, mediamente, a 0,9 volte il valore degli asset che sono iscritti nei loro bilanci (il cosiddetto book value, Ndr). Si tratta di una valutazione troppo alta, che presuppone una ripresa economica che ancora non si vede”.
Le scelte operative
Dal punto di vista operativo, quindi, la scelta migliore sarebbe quella di prendere profitto. “Ci sono investitori, tuttavia, che preferiscono non abbandonare il comparto bancario: o perché gli è utile in termini di diversificazione o perché credono in una ripresa economica in arrivo”, dice l’analista. “Entrambe sono motivazioni legittime. In questi casi, quindi, è meglio orientarsi sulle banche che sono più capitalizzate, come Hsbc, Stantard Chartered e Julius Baer. Ognuno di questi istituti, tra l’altro, ha una buona esposizione sui paesi emergenti che sembrano avere le prospettive di crescita migliori. Barclays e Ubs, invece, trattano con un buon sconto rispetto ai nostri obiettivi di prezzo. Entrambe, inoltre, hanno nuovi manager che in passato si sono fatti una buona reputazione negli istituti in cui lavoravano”.
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