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VIDEO: Previdenza integrativa, la chiave è psicologica

Barbara Alemanni, docente dell’Università di Genova, spiega come l’aspetto psicologico-neurologico spinga gli investitori a non preoccuparsi della propria pensione futura, a causa del nostro “modello esperienziale”.

Valerio Baselli 04/06/2013 | 00:31
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Valerio Baselli: Per Morningstar, Valerio Baselli. Mi trovo con Barbara Alemanni, docente di economia degli intermediari finanziari all'Università di Genova. Buongiorno professoressa.

Barbara Alemanni: Buongiorno, grazie per avermi chiamato.

Baselli: Mefop ha recentemente pubblicato un quaderno dedicato alla previdenza complementare a cui lei ha contribuito come autrice: in questo quaderno si dà ampio spazio alla finanza comportamentale applicata al campo della previdenza. In che modo la psicologia degli investitori influenza le scelte, specialmente in ambito previdenziale?

Alemanni: Il ruolo della psicologia e in realtà addirittura il ruolo della neurologia, oggi sui temi  previdenziali sono centrali. Le scelte in tema di previdenza sono tra le scelte finanziarie più complicate e in realtà ci sono tutta una serie di problemi, in primis psicologici e in seconda battuta addirittura neurologici, a pensare alla vecchiaia, pensare a visualizzare un momento nel futuro, perché è molto lontana, molto indeterminata. Quindi, da un po' di anni a questa parte, gli studiosi di economia comportamentale hanno cominciato a fare dei ragionamenti importanti su come aiutare i lavoratori a fare delle scelte previdenziali se non più consapevoli, più corrette dal punto di vista finanziario.

Baselli: Senta, le adesioni ai prodotti di previdenza integrativa sono molto basse in Italia, molto più basse della media europea. Come si può invertire la rotta?

Alemanni: Diciamo che ci sono strade diverse. In giro per il mondo, la fiscalità della previdenza complementare è molto più generosa di quanto sia da noi. Quindi sgravi fiscali, che sono quindi aspetti duri che riguardano il tema della previdenza, sicuramente rappresentano un percorso. Ma l'evidenza empirica mostra che anche scelte di questo tipo non sono sufficienti. Quindi, una strada che vada per una sensibilizzazione, una maggiore semplificazione dei prodotti, una comunicazione più efficace e soprattutto una visualizzazione di che cosa vuol dire non contribuire alla previdenza complementare, e quindi il fronte di tipo comportamentale ed emotivo, l'evidenza empirica in giro per il mondo mostra che può essere estremamente utile.

Baselli: C'è tanto da fare quindi.

Alemanni: C'è molto da fare.

Baselli: Rimanendo in questo ambito, quali sono le principali differenze anche a livello culturale, di informazioni, di comunicazione, che ci sono tra l'Italia e tra l'Europa, specialmente con i paesi anglosassoni, dove la previdenza integrativa è molto sviluppata.

Alemanni: Noi abbiamo un problema di cultura finanziaria, che però riguarda l'Italia e una serie di altri paesi. I paesi anglosassoni non sono certamente all'avanguardia dal punto di vista della conoscenza in campo finanziario: i lavoratori italiani e lavoratori americani presentano conoscenze simili. Negli Stati Uniti il tema della cultura finanziaria è affrontato in modo più incisivo di quanto stia accadendo qui. Questo per innalzare le conoscenze per scelte consapevoli. Ma in realtà quello che invece ci caratterizza, e che per esempio nel mondo anglosassone non è tale, è la mancanza di consapevolezza di dove ci porterà la previdenza pubblica. Noi viviamo ancora con un modello di riferimento che è un modello esperienziale del tipo “vado in pensione con l'80% dell'ultimo stipendio”, che è il modello dei nostri genitori, che tipicamente sono riusciti a vivere con la pensione pubblica.

Poiché le decisioni di pensione sono decisioni molto complicate e ci manca la cultura finanziaria, usiamo l'esperienza, che è un modello di questo genere. Nel mondo anglosassone l'esperienza mostra che se tu non contribuisci, finisci sotto un ponte e, a essere molto spietati, questo è il nostro futuro. Ma questo noi non lo vediamo ancora: noi vediamo ancora un modello di chi con la previdenza pubblica riesce a sopravvivere, addirittura a vivere bene. E quindi la complicazione viene anche da questo, la necessità di cambiare i modelli di riferimento, far campire che la previdenza pubblica sarà solo un pezzettino di ciò di cui noi necessitiamo per avere di fatto dei modelli di vita nella fase della pensione accettabili.

Baselli: Quindi è difficile immaginare un futuro diverso dal passato che abbiamo visto in tutti questi anni.

Alemanni: E’ estremamente difficile. Quanto più difficili sono le decisioni che dobbiamo prendere, tanto più ricorriamo a trappole le mentali; una di queste è proprio una cornice di esperienza, come si diceva. È di qualche tempo fa un lavoro di Banca d'Italia in cui si confrontavano quelli che saranno i tassi di sostituzione effettivi, ovvero sia rispetto all'ultimo stipendio quanto la pensione ci darà, e questo naturalmente è il dato duro basato su quelle che sono state le riforme previdenziali che si sono susseguite negli ultimi venti anni. Il dato interessante era il confronto con un'inchiesta fatta con i lavoratori circa le loro aspettative sul tasso di sostituzione: in realtà la cosa estremamente allarmante è che tanto più basso sarà il tasso di sostituzione effettiva, tanto più alta è l'aspettativa che i lavoratori in questo momento hanno di ciò che riceveranno. Quindi, sicuramente è necessario fare un grosso lavoro di comunicazione.

Baselli: C’è da lavorare. Grazie alla professoressa Alemanni.

Alemanni: Grazie a voi.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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