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Quando il report fa dare i numeri

Gli operatori spesso vivono con troppa ansia l'arrivo di dati macro ritenuti importanti. Per poi scoprire di aver perso delle opportunità. 

Marco Caprotti 12/06/2013 | 15:35
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Indici piatti, atmosfera di attesa nelle sale operative e un vago senso di smarrimento fra gli investitori retail. Sono questi, di solito, i fenomeni che accompagnano l’arrivo di un report macroeconomico ritenuto importante. A cui segue, spesso, la convinzione di aver perso tempo e opportunità di investimento.

L’ultima volta è successo fra la fine di maggio e l’inizio di giugno quando gli operatori aspettavano i dati mensili sulla disoccupazione Usa. In quell’occasione gli Stati Uniti hanno poi dimostrato di essere in grado di continuare a creare lavoro: i nuovi occupati sono stati 175mila in più, meglio delle attese.

La natura degli investitori
“La storia si ripete ogni volta che stanno per uscire dei rapporti considerati fondamentali  come quelli sull’occupazione Usa, sulle previsioni della Bce  o sull’indice Pmi della Cina elaboratro da Hsbc (considerato più attendibile di quello preparato da Pechino, Ndr)”, spiega uno studio della società di consulenza Advice IQ. “Si aspettano i risultati e, se sono al di sotto delle attese, partono immediatamente le vendite. Poi arriva l’illuminazione: il mondo, nonostante tutto, non sta per finire. E’ un fenomeno che la finanza comportamentale studia da tempo. Come quello in base al quale gli investitori credono ciecamente alle previsioni ottimistiche sull’andamento dei mercati ma poi vanno nel panico se non si realizzano immediatamente”.

Meglio guardare tutto il quadro
Le buone notizie macro non implicano che le cose necessariamente andranno come sperato. “Un esempio in questo senso lo abbiamo avuto con gli ultimi dati sulla disoccupazione americana”, continua lo studio. “Sono stati buoni. Per gli analisti, però, si avvicina il momento in cui inizieranno a ridursi le politiche di accomodamento monetario della Federal Reserve. Gli operatori, quindi, guardano con preoccupazione alla riunione della Banca centrale di metà mese durante la quale il Qe (Quantitative easing) potrebbe essere ridotto o eliminato”.

La soluzione? “Bisogna evitare di concentrarsi sul singolo dato e guardare il quadro completo”, spiega lo studio. “E dell’immagine fanno parte, ad esempio, anche i risultati aziendali. Oppure la considerazione che il rallentamento della Cina porterà ad una crescita più equilibrata del paese. Mettendo insieme questi elementi ci si rende conto che la strada della ripresa dei mercati non è ancora finita”. 

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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