Falsa partenza per l'Europa dell'est

La regione, dicono gli operaori, manda segnali di miglioramento. Ma, aggiungono, sono sono omogenei nè regolari. Resta il nodo degli investimenti dall'estero. 

Marco Caprotti 13/06/2013 | 10:50
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Il rallentamento dell’est Europa potrebbe essere agli sgoccioli. Ma, aggiungono gli analisti, è ancora presto per festeggiare: la ripresa, infatti, sarà debole e diversa per ogni paese. Nel frattempo gli investitori devono fare i conti con un indice Msci della regione che nell’ultimo mese (fino all’11 giugno e calcolato in euro) ha perso l’11,6%, portando a -10,8% la performance da inizio anno e condizionando pesantemente i fondi della categoria.

Crescita, ma non per tutti
Secondo i calcoli di Capital Economics, il Pil della parte emergente del vecchio continente nel primo trimestre è cresciuto dello 0,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. “Sembra che l’area abbia potuto beneficiare di una leggera ripresa della Germania che resta lo sbocco principale per le esportazioni”, spiega lo studio firmato da Neil Shearing, capo economista delle società di analisi inglese. “La crescita probabilmente darà segnali di accelerazione nel corso dell’anno, ma non sarà uguale dappertutto”. La Russia, ad esempio, “frenerà ulteriormente”. L’area emergente, insomma, nonostante qualche segnale positivo continuerà a pagare i suoi legami con i vicini più sviluppati da cui dipende sia in termini di export che di finanziamenti.

Investimenti a singhiozzo
Proprio il secondo punto è particolarmente delicato. Secondo i calcoli del Vienna institute for international economic studies, gli investimenti stranieri diretti (Fdi, Foreign direct investments) quest’anno dovrebbero calare del 22%. Anche in questo caso la maggiore indiziata è la recessione della parte ovest del Vecchio continente che consiglia alle banche di non aprire troppo i cordoni della Borsa. Tuttavia, pure qui, la situazione è tutt’altro che omogenea. In Polonia, ad esempio, gli Fdi quest’anno dovrebbero salire a 8 miliardi di euro dopo il calo del 40% (a 7,3 miliardi) registrato nel 2012. In Slovenia, invece, grazie alle privatizzazioni in corso per evitare la bancarotta potrebbero arrivare 700 milioni rispetto ai 113 dell’anno scorso. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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