Anche gli italiani stringono i rubinetti dei contributi per le pensioni integrative. Lo dice la Covip (la Commissione di vigilanza sui fondi pensione) nella sua ultima relazione annuale da cui emerge il buon tasso di adesione (25,5% dei lavoratori a fine 2012,) ma anche il fenomeno delle sospensioni contributive. Su 5,8 milioni di sottoscrittori, quasi 1,2 milioni hanno interrotto il versamento dei contributi trasformandosi, secondo la terminologia della Commissione, in “non versanti”.
Sono soprattutto i fondi pensione aperti e i Piani pensionistici individuali (Pip) a soffrire di più, totalizzando nel complesso 750 mila sottoscrittori non contribuenti nel 2012. Una delle cause è che queste due tipologie non consentono ai clienti di riscattare il denaro in caso di dimissioni o licenziamento. Più contenuta, invece, l’incidenza dei non versanti nei fondi negoziali e nei fondi preesistenti .
La Covip scrive che questo fenomeno ha ormai assunto connotati strutturali che vanno di pari passo con il progressivo aggravamento delle condizioni occupazionali del nostro paese. La quota maggiore è tra i lavoratori autonomi (circa il 35% del totale), rispetto al 15% dei lavoratori dipendenti.
A soffrire sono tutti
Il fenomeno è globale. Gli investitori istituzionali, tra cui fondi pensione, grandi gruppi assicurativi, fondi sovrani e consulenti patrimoniali sono consapevoli della difficoltà che l’investitore medio di ciascun paese ha nel disporre di sufficienti risorse per soddisfare gli obblighi finanziari quando sarà in pensione. Lo rivela una ricerca di Natixis Global AM condotta interpellando direttamente le società. Il 70% ritiene che non ci sia risparmio sufficiente per la pensione. Il sentiment più catastrofico per il futuro degli standard di vita si registra tra gli emittenti dei fondi pensione e i consulenti patrimoniali. Più ottimisti i fondi sovrani: il 51% crede che la media dei pensionati ce la farà a mantenere uno stile di vita adeguato.
A livello geografico, in Medio Oriente gli investitori dormono sonni più tranquilli rispetto a quelli dell’America latina. Nelle aree sviluppate, gli investitori istituzionali di Eurolandia sono più fiduciosi dei loro colleghi americani e inglesi. In termini di singoli Paesi, il Qatar (83%), i Paesi Bassi (72%) e la Germania (68%) sono quelli più convinti della capacità contributiva dei loro futuri pensionati.
La compelementare conviene
In Italia, comunque, secondo la Covip le forme pensionistiche complementari, convengono . Nel 2012 i guadagni lordi di queste forme previdenziali sono stati superiori al tasso di rivalutazione del Tfr (che è calato del 2,9%, rispetto al 2011). Tutte le tipologie pensionistiche integrative di nuova istituzione hanno avuto in media rendimenti tra l’8 e il 9% (9,1% i fondi pensione aperti, 8,9% i Pip unit linked di ramo III, 8,2% i negoziali).
Fanno eccezione le gestioni separate di ramo I dei Pip che hanno guadagnato solo il 3,8% ma che, dicono i dati di Ania (l’Associazione delle imprese assicuratrici) e Covip sono i prodotti più venduti dagli agenti. Non è un caso: sono gli unici strumenti di previdenza complementare con cui si ha accesso alle gestioni separate assicurative, dotate di un meccanismo particolare di difesa del portafoglio che fornisce una certa stabilità dei rendimenti in qualsiasi situazione di mercato.
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