I piccoli è meglio che si dirigano verso l’uscita. Nei primi sei mesi dell’anno sono stati 231 i delisting dai mercati europei di Etf (Exchange traded fund) che non hanno raccolto capitali sufficienti dagli investitori. Un record in confronto ai 189 replicanti usciti dai listini in tutto il 2012 e un deciso cambio di mentalità rispetto agli ultimi anni in cui si è verificato un aumento considerevole di replicanti quotati. Etfgi calcola il segmento in Europa pari a 6.183 replicanti (dati di fine luglio) molti dei quali sono presenti contemporaneamente in diversi paesi. Un eccesso di offerta che spesso non rispecchia la domanda e porta a una scarsità di massa critica gestita tale da giustificarne l’uscita dai listini.
In ritirata
La ritirata degli Etf è iniziata l’anno scorso e dagli operatori viene considerata positivamente poiché si era arrivati a un punto in cui molti provider lanciavano nuovi prodotti sul mercato solo per coprire la stessa area geografica o settore dei concorrenti, senza valutare la reale domanda. “Il delisting di replicanti non-successful dovrebbe permettere agli emittenti di concentrarsi su quelli che hanno una solida richiesta di mercato alle spalle”, spiega Jose Garcia Zarate, analista di Morningstar. “A lungo termine ci si potrebbe aspettare anche più efficienza in costi per gli investitori”.
Una domanda limitata da parte degli investitori, infatti, comporta spread di negoziazione più ampi e quindi più costosi. Ma qual è quella soglia che identifica una massa critica di asset sostenibile? Il team di analisti Morningstar dice che non c’è un parametro fisso, un punto di breakeven determinato, per considerare un fondo in grado di coprire adeguatamente i costi. Dipende in grande misura dal tipo di asset e dal mercato che l’Etf replica.
La soglia dei 100
La letteratura, comunque, cita spesso la cifra di 100 milioni di dollari, sotto i quali un replicante non è profittevole. Questo perché all’inizio la maggior parte di Etf davano esposizione quasi esclusivamente a mercati grandi, plain vanilla (con questo termine vengono definiti i titoli di investimento più semplici) e con costi molto più economici da gestire. Se prendessimo per definitiva questa soglia, oggi gli Etf con masse in gestione per più di 100 milioni di dollari sarebbero solo un quarto del totale di Etf quotati in Europa. Ma in realtà un Etf che da esposizione a un mercato più difficile e quindi che presenta un Ter (costo) più alto, per essere “successful” non necessariamente deve raggiungere i 100 milioni di dollari.
Il delisting italiano fa più vittime
Piazza Affari è in testa alla lista per delisting registrati nel 2013, con 57 dismissioni nei primi sei mesi dell’anno e altre 11 già annunciate. Segue l’Euronext di Parigi con l’uscita di 43 fondi, Francoforte con 35 e Londra con 34. La Borsa italiana paga lo scotto di non avere emittenti domestici e conseguentemente spesso la quotazione in Italia non è quella principale. “Quotare un Etf in tutte le Borse è una bella utopia - continua Garcia Zarate. Significherebbe avere una forte domanda in ogni singolo singolo paese. In realtà è un costo inutile. I provider stanno iniziando a imparare a essere più razionali e quotare solo nelle borse dove c’è un volume di negoziazioni adeguato”.
In termini di costi, Borsa Italiana non è molto attraente. Quotare un Etf sulla piazza italiana significa sborsare subito 8.500 euro per singolo replicante, più del doppio rispetto ai 3.500 euro di Francoforte e più costoso anche dei 7.500 di Parigi. C’è poi il corrispettivo semestrale che deve essere versato a chi gestisce la piazza finanziaria. Per Borsa Italiana dipende dal patrimonio gestito: 500 euro per un patrimonio sotto i 100 milioni di euro; 2.000 euro tra i 100 e 750 milioni; 4.000 euro tra 750 a 1,5 miliardi; 6.000 euro oltre gli 1,5 miliardi (dati Etfgi).
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.