Tutti i paesi emergenti stanno vivendo un momento difficile, ma ce n’è uno in particolare che sembra sia in caduta libera: l’India. Il sentiment degli investitori nei confronti della seconda economia asiatica è ai minimi storici, con la Borsa di Mumbai che ha lasciato per strada il 20% negli utlimi tre mesi (21,4% da inizio dell’anno; Msci India, dati in euro al 5 settembre) e con la valuta locale, la rupia, che ha toccato il livello più basso di sempre nei confronti del dollaro a fine agosto (circa 66 rupie per un biglietto verde).
Fondamentali traballanti
Il raffreddamento della politica monetaria della Fed sta avendo ripercussioni anche sugli investimenti verso i mercati emergenti, che fino a poco tempo fa risultavano assai più interessanti a causa dei tassi d’interesse quasi a zero negli Stati Uniti. L’economia indiana soffre questo cambiamento più di altre come conseguenza di alcune problematiche strutturali.
Innanzitutto è bene ricordare che il mercato azionario indiano è notoriamente molto volatile. L’equity indiana è stata tra le asset class più performanti del mondo nel 2010, tra le peggiori nel 2011, di nuovo tra le migliori nel 2012 ed è sulla buona strada per essere ancora una volta annoverata tra le peggiori nel 2013. La volatilità dei rendimenti può essere in parte spiegata dalla forte dipendenza dell’India dai flussi provenienti dall’estero per gli investimenti e la crescita. Quando i mercati sono in uno stato d’animo risk-off, come in questo momento, i flussi esteri si trasformano rapidamente in deflussi dalle azioni indiane. Inoltre, i flussi stranieri, in combinazione col disavanzo delle partite correnti indiane, determina l’andamento altalenante della rupia e, di conseguenza, dei fondi azionari indiani che non hanno copertura dal rischio valutario.
Senza contare il peso che le evoluzioni geopolitiche hanno in questo momento sul bilancio indiano. Le importazioni di petrolio, il cui prezzo è sensibilmente aumentato sulla scia della situazione siriana, pesano infatti per i due terzi del totale. Proprio i timori per l’esplodere del deficit hanno messo in ombra anche l’annuncio da parte del ministro delle Finanze, Palaniappan Chidambaram, dell’approvazione di progetti per le infrastrutture del valore di oltre 28 mila miliardi di dollari, misura volta a rilanciare la crescita economica. Tuttavia, con le prossime elezioni ormai vicine (maggio 2014) il governo non sembra nella posizione di poter adottare misure in grado di consolidare la fiducia degli investitori.
Rating in bilico
Intanto, l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha dichiarato il proprio outlook negativo sul rating credizio indiano, che potrebbe perdere lo status di investment grade entro il prossimo anno (attualmente, il rating è pari a BBB-). Se così fosse, l’Elefante verrebbe automaticamente espulso dal gruppo dei paesi Bric. Anche secondo l’ultima nota di Shânti Asset management, una Sgr franco-indiana specializzata in mercati emergenti, il downgrade sarà inevitabile se il governo non prenderà decisioni radicali.
Niente panico
La situazione è sicuramente complessa, ma come sempre è bene non farsi prendere dal panico, soprattutto per chi ha titoli indiani in portafoglio. Secondo gli analisti di Shânti le valutazioni indiane sono molto attraenti se si confrontano nel contesto di una situazione normalizzata. Seza contare che il livello di indebitamento in India resta molto basso. Inoltre, a conferma dell’irrazionalità degli investitori, anche paesi limitrofi come le Filippine e la Thailandia hanno vissuto ribassi importanti pur trovandosi in situazioni più stabili.
“Le azioni indiane sono sicuramente una buona opportunità nel lungo periodo, ma sono destinate ad essere volatili fino a quando non si risolvono alcuni problemi strutturali. Se avessi titoli indiani in portafoglio non venderei adesso”, ha commentato Juliet Schooling, consulente finanziario della Chelsea Financial Service, intervistata da Morningstar. “È comunque chiaro che non è un mercato adatto a chi vuole dormire sonni tranquilli”.
L’offerta italiana
Gli investitori italiani possono scegliere tra ben 107 fondi comuni (contando tutte le classi) e cinque Etf dedicati al mercato azionario indiano. Tra i replicanti, ce ne sono tre che tracciano l’Msci India e due che tracciano l’indice S&P Cnx Nifty, costituito da 50 azioni appartenenti a 22 differenti settori dell’economia indiana. Gli analisti di Morningstar invitano, sempre e comunque alla cautela, quando si sceglie un fondo specializzato su un singolo paese, soprattutto se emergente, e suggeriscono di dedicare al massimo una piccola porzione di un portafoglio molto diversificato.
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