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Frau Angela non fa l'inglese

Il Cancelliere Merkel non ha intenzione di ammorbidire la sua linea di austerità per l'Europa. Ma c'è il rischio che la regione si spacchi. Una soluzione potrebbe essere quella di copiare il modello british.

Marco Caprotti 26/09/2013 | 09:54
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Chi sperava che Angela Merkel, dopo le elezioni che l’hanno confermata alla guida della Germania per la terza volta abbandonasse i proclami propagandistici sull’austerità in Europa è rimasto deluso. Sulle politiche della prima economia della regione per il resto del Vecchio continente, il Cancelliere è stato chiaro: “Non c'è necessità di cambiamento”. In Europa, ha proseguito, “bisogna fare le stesse cose che la Germania ha già fatto qualche anno fa per uscire definitivamente dalla crisi”. Il paese che “dieci anni fa era il malato d'Europa grazie alle riforme è diventato un'ancora di stabilità". Quello che abbiamo fatto noi, possono farlo anche gli altri. Si tratta di un processo che mira ad aumentare la competitività e la fiducia degli investitori esteri nei nostri paesi. Abbiamo già fatto diversi passi avanti, dobbiamo portare a termine questo processo, lavorando assieme fra partner europei”.

Qualcosa è cambiato
Il discorso sembra fare il paio con l’articolo scritto a metà settembre dall’allora ministro delle finanze, Wolfgang Schaeuble, sul Financial Times secondo cui l’Europa sembrava sul punto di risolvere i suoi problemi e che, quindi, i profeti di sventure si erano sbagliati. Anche il responsabile della finanza tedesca prendeva la Germania come esempio per dimostrare le conseguenze positive del virtuosismo fiscale messo in atto durante il programma di ristrutturazione del paese agli inizi del secolo. “Questo, però, senza considerare che in quegli anni il semplice fatto che l’economia mondiale andasse a gonfie vele ha rappresentato una differenza fondamentale”, spiega Michael Hewson, Senior market analyst di Cmc Markets. “Ora si chiede a un gran numero di paesi di implementare lo stesso tipo di riforme in un momento in cui la crescita globale sta procedendo pigramente. Se la Germania credesse veramente nel progetto di un’Europa integrata, sarebbe ben felice di discutere anche di temi quali l’unione bancaria, la messa in comune dei debiti e i trasferimenti fiscali illimitati”.

Va detto che, nonostante la vittoria schiacciante per ottenere lo storico terzo mandato, la Merkel non potrà comandare da sola né con gli ex partner di coalizione dell’Fdp. Potrebbe quindi cercare un accordo con l’Sdp, più malleabile quando si parla di Europa e favorevole all’idea, ad esempio di un’unione bancaria. Un argomento, quest’ultimo che fa rabbrividire le banche teutoniche (in particolare le Landesbank) allergiche a qualsiasi soluzione che implichi controlli più stringenti e perdita di indipendenza. Una situazione di stallo che coinvolge anche altri paesi più propensi a difendere gli interessi nazionali che a sviluppare quelli dell’intera regione e che potrebbe avere conseguenze nefaste. “L’euro non solo non funzionerebbe ma alla fine sarebbe fatto anche a pezzi, poiché i politici europei senza più una direzione sarebbero occupati a salvare se stessi dal groviglio nel quale hanno fatto finire i rispettivi paesi”, continua Hewson.

La soluzione inglese
Proposte? Ci sarebbe il modello inglese. “Nel Regno Unito abbiamo notevoli squilibri tra la regione londinese e del sud est e il resto del paese”, continua l’analista di Cmc. “Per controbilanciare questi pesi le entrate fiscali generate dall’area più redditizia del Regno sono utilizzate per aiutare le aree più svantaggiate”. Per sistemare le finanze dei paesi più deboli, inoltre, è meglio lasciar perdere l’idea di un aumento dell’Iva. “E’ una tassa sui consumi che non funziona”, dice Hewson. “Nei paesi dove è stata utilizzata non ha funzionato”.

Le scelte operative
Uno scenario così fosco per il Vecchio continente non è necessariamente negativo per gli investimenti in Borsa. “Dal punto di vista operativo direi di lasciar stare il debito governativo dei paesi più a rischio di instabilità. E fra questi includerei l’Italia”, spiega l’analista. Per quanto riguarda l’azionario il discorso è diverso. “All’interno dei singoli stati ci sono aziende molto interessanti che fanno affari in tutto il mondo e i cui bilanci non dipendono dall’andamento del Vecchio continente”. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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