Il 15 settembre 2008, cinque anni fa, la Lehman Brothers, una banca d’affari di New York con oltre 150 anni di storia, chiedeva ufficialmente di avvalersi del chapter 11 del Bankruptcy Code, la procedura fallimentare statunitense. La banca non poteva far fronte ai debiti e alle passività contratte sopratuttto nel settore dei mutui subprime. Quel giorno divenne chiaro all’intero mondo finanziario che i problemi derivanti da questi “mutui spazzatura” sarebbero diventati da lì a poco molto seri per tutti quanti. E così fu.
In questi ultimi cinque anni, si sono adottate misure volte a combattere le due principali cause della crisi del 2008, cioè una regolamentazione troppo debole e una cultura finanziaria eccessivamente propensa al rischio. Alcune delle tappe fondamentali di questo percorso comprendono il Dodd Frank Act del 2010, che ha dato alla Federal Reserve nuovi poteri e competenze di controllo sulle banche statunitensi, le regole di Basilea III, sempre nel 2010, che hanno costretto le banche a livello mondiale ad adottare severi requisiti patrimoniali e di liquidità. Senza dimenticare l’ambizioso progetto di un’unione bancaria in Europa, che ha già portato alcuni frutti, come la supervisione transfrontaliera del settore con la creazione della European Banking Authority nel 2011. Non è quindi un caso che l’indice Msci Ac World Financials abbia balzato del 149,9% (dati in dollari al 15 settembre 2013) dal suo minimo del post-Lehman.
Tuttavia, nonostante il settore finanziario appaia più solido di com’era, la crisi non sembra ancora essere del tutto alle nostre spalle, soprattutto in Europa. L’unica cosa sicura è che questa non è stata la prima crisi finanziaria della storia e non sarà certo l’ultima. Perciò è opportuno chiedersi quali lezioni abbiamo imparato, o avremmo dovuto apprendere, e come possiamo evitare di ripetere certi errori nel futuro.
Occhio al debito
“La crisi del 2008 ci ha senza dubbio insegnato una cosa: dobbiamo tenere sotto controllo il debito e l’utilizzo della leva finanziaria”, afferma Heather Brilliant, responsabile della ricerca azionaria e obbligazionaria di Morningstar. “All’epoca c’era poca gente che si preoccupava di andare a vedere le passività in bilancio delle aziende e delle banche. In più, molti investitori si sono loro malgrado accorti che la leva finanziaria può avere effetti devastanti, fino ad azzerrare completamente il valore della propria esposizione azionaria”.
L’orizzonte temporale è tutto
“Penso che molte persone si siano rese conto che nel breve periodo i loro portafogli erano molto più fragili di quanto pensassero, mentre si sono dimostrati più forti del previsto nel lungo periodo”, commenta Russ Kinnel, direttore della ricerca sui fondi di Morningstar. “Per conseguenza, chi ha avuto la freddezza di non farsi prendere dal panico e restare con la propria allocazione di attivi ne è uscito bene, addirittura guadagnandoci in alcuni casi”.
L’importanza della liquidità
Secondo Scott Burns, direttore della ricerca sugli Etp di Morningstar, la più grossa lezione che si sarebbe dovuto imparare riguarda la liquidità. “Gli investitori si sono accorti nel 2008 e nel 2009 che molti asset che avevano in portafoglio non erano così liquidi come pensavano e così si sono ritrovati incastrati in posizioni che continuavano a perdere senza riuscire a vendere”.
Noioso è bello
“Questa crisi ci ha insegnato ancora una volta che è molto difficile riuscire a prevedere quello che accadrà sui mercati”, spiega Don Phillips, presidente della ricerca di Morningstar. “La verità è che nel caso si fosse avuto prima della crisi un portafoglio ben diversificato, ribilanciato costantemente, alimentato attraverso un Pac (Piano accumulo di capitale) e una volta scoppiata la crisi non si fosse fatto nient’altro che continuare in questo modo come sempre, si sarebbero recuperate tutte le perdite in quattro anni dall’inizio della bolla”.
Alla larga dalle emozioni
Dello stesso avviso è John Rekenthaler, vice presidente della ricerca di Morningstar, che sottolinea il ruolo delle emozioni negli investimenti. “Purtroppo la più grande lezione che Lehman Brothers ci ha insegnato è stata la lezione sbagliata, cioè la paura dei mercati. Da allora le persone hanno paura di investire in azioni, nonostante il rally degli ultimi tempi. Insomma, più si riesce ad allontanare la sfera emotiva quando si investe meglio è, e non si tratta solo della paura di un ribasso; l’avidità nei momenti di euforia causa altrettanti danni”.
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