L’Asia prova a darsi un tono. L’indice Msci della regione (Giappone escluso) nell’ultimo mese (fino al 20 settembre e calcolato in euro) ha guadagnato il 7,7% portando a -0,4% la performance da inizio anno. Una spinta, quelle delle ultime settimane, che nasce principalmente dai segnali di ripresa che sono arrivati dagli Stati Uniti e dai tentativi dell’Europa di uscire finalmente dalla crisi del debito. Elementi cruciali visto che le due macro aree rappresentano i principali mercati di sbocco per le merci made in Asia.
A livello interno gli occhi restano puntati sulla Cina alle prese con la transizione fra un’economia basata sulle vendite all’estero e una che può fare affidamento sui consumi interni. Gli ultimi dati che sono arrivati da Pechino sono contrastanti.
Il quadro macro cinese
L’indice preliminare Pmi della produzione manifatturiera è salita in Cina a settembre al più alto livello degli ultimi sei mesi, raggiungendo quota 51,2 punti dai 50,1 di agosto. Il dato è ampiamente sopra le attese che erano per un valore intorno a 50,9 punti. L’indice, diffuso dalla banca Hsbc, segnala dunque un’ulteriore ripresa della seconda economia mondiale (ogni valore sopra quota 50 punti definisce un’economia in espansione, sotto tale tetto una contrazione.
I prezzi al consumo in agosto in Cina sono saliti del 2,6% annuo, in rallentamento rispetto al +2,7% di luglio, e in linea con le attese degli analisti. I prezzi alla produzione in agosto sono invece calati dell’1,6% annuo dopo una contrazione del 2,2% in luglio, mentre su base mensile, c’è stato un incremento dello 0,1%, la prima crescita dopo cinque mesi di regresso. Il governo cinese ha posto un target di inflazione 2013 al 3,5%. Nel 2012 l’inflazione si era attestata al 2,6% (5,4% l’anno precedente), mente la crescita era calata al 7,8% (da 9,3%).
Il problema del debito
Ma il vero nodo che deve affrontare la Cina è un altro. “A partire dal 2008, le aggressive misure di stimolo hanno portato a un incremento esplosivo del debito cinese”, spiega una nota firmata da Maarten-Jan Bakkum, senior Strategist emerging markets equity di Ing Investment Management. “In percentuale sul Pil (Prodotto interno lordo), negli ultimi cinque anni il debito è cresciuto di almeno 70 punti percentuali. Si tratta di un aumento senza precedenti e che sta causando una notevole pressione sul sistema finanziario, con una quota considerevole di finanziamenti che tendono a non essere rimborsati”.
Nel passato, ci sono stati numerosi esempi in questo senso. La più recente crisi del debito nel mondo emergente è stata quella della Russia nel 2008, preceduta da una crescita rapida ed eccessiva nel rapporto fra debito e Pil. “Gli investitori devono tenere in considerazione l’elevato rischio per il settore bancario cinese della crescita incontrollata del debito.”, dice lo strategist. “ In altre parole, vi è un significativo rischio che nei prossimi anni, a causa di una crisi del debito, la crescita cinese possa collassare. E questo spiega in parte il motivo per cui i paesi emergenti sono così sotto pressione”.
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