Da quando è stata approvata sembra che si voglia una cosa sola: modificarla. Parliamo della riforma delle pensioni introdotta dal governo Monti nel dicembre 2011, conosciuta anche come legge Fornero. Ora, però, sembra essere arrivata la parola fine a questo dibattito: la legge Fornero non verrà modificata. Durante una recente audizione alla Camera, infatti, il ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha affermato che, contrariamente alla volontà espressa dall’esecutivo quest’estate, la riforma non subirà nessuna modifica.
Mancano le risorse
Secondo Giovannini, infatti, le proposte presentate in Parlamento in termini di maggiore flessibilità di uscita sono incompatibili con i conti pubblici: eventuali penalizzazioni non basterebbero a compensare le uscite. Il governo, quindi, ha valutato le proposte arrivate sulle modifiche alla riforma Fornero in termini di maggiore flessibilità nei tempi di uscita e ha concluso che farebbero aumentare in modo consistente le uscite per il pensionamento con un aggravio per la finanza pubblica di alcuni miliardi. Le penalizzazioni che potrebbero essere fissate a fronte di una uscita anticipata rispetto a quella prevista dalla attuale legge non basterebbero a coprire i costi rendendo l’onere complessivo incompatibile con il percorso attuale di contenimento della spesa pubblica e con l’indirizzo del governo che ha fissato come priorità la riduzione del costo del lavoro.
Insomma, in un momento di crisi come quello attuale, in cui il tema centrale dell’azione di governo sembra essere il taglio della spesa pubblica, appare davvero difficile rinunciare ai risparmi che il modello Fornero può garantire all’Inps, stimati in circa 80 miliardi di euro (per approfondire, clicca qui).
Il blocco delle rivalutazioni prosegue, ma non per tutti
Inoltre, il ministro ha comunicato che anche per il 2014 non ci sarà nessuna rivalutazione delle cosiddette maxi pensioni, ovvero quelle superiori a sei volte il minimo di legge, quindi a partire dai 3 mila euro al mese. Saranno invece rivalutate pienamente le pensioni fino a tre volte il minimo (circa 1.500 euro al mese), al 90% quelle fra tre e cinque volte il minimo e al 75% quelle fra cinque e sei volte il minimo.
Senza crescita, sistema previdenziale a rischio
Il nodo su cui l’equilibrio del sistema pensionistico si basa, tuttavia, resta sempre lo stesso: la crescita economica. Se l’economia non cresce e la disoccupazione non diminuisce, il sistema previdenziale pubblico sarà sempre più in difficoltà, perciò servono misure non solo contabili, ma che rilancino la creazione di posti di lavoro.
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