ArcelorMittal attende la ripresa del Vecchio continente. Negli ultimi tre anni il titolo ha perso circa il 18% della sua capitalizzazione di mercato, spinto al ribasso dalla caduta del prezzo dell’acciaio e dalla forte contrazione della domanda a seguito della fase recessiva in atto nell’economia della regione.
L'Europa fa male ai conti
Nonostante il gruppo sia tra i leader indiscussi del settore, sia stabilmente presente in molti paesi emergenti che rappresentano ora l’80% della domanda mondiale di acciaio, e abbia un elevato grado di integrazione verticale che le permette di realizzare importante economie sui costi d i produzione, è ugualmente esposta alle debolezze del settore dell’acciaio. ArcerlorMittal, infatti, detiene una quota di mercato dell’8% circa (a testimonianza della polverizzazione dell’offerta) e produce oltre il 40% del suo fatturato (come riportato nei conti del 2012) in Europa. Questo spiega il perché del drastico calo di profittabilità registrato lo scorso anno, quando il margine netto (rapporto tra utile d’esercizio e ricavi di vendita) è sceso a -4,4%, dal +2% dell’anno precedente, per effetto di una perdita di circa quattro miliardi di dollari. I nostri analisti, però, sono convinti che la ripresa della domanda mondiale e del prezzo dell’acciaio contribuiranno a migliorare la profittabilità del gruppo nei prossimi cinque anni, e stimano un prezzo obiettivo di 24 euro per azione.
Alcuni fattori di incertezza
Questo significa che in base alle attuali valutazioni di mercato, ipotizzano che il titolo possa realizzare una performance superiore al 50%. Nel breve periodo, però, persistono ancora elementi di volatilità: la domanda di acciaio nei paesi sviluppati non ritornerà ai livelli pre-crisi prima del 2015, la società ha tagliato i dividendi per il 2013, e questo fa pensare che il management non si aspetti di essere in grado di remunerare gli azionisti come negli anni scorsi, inoltre, c’è ancora incertezza sul piano aziendale relativo alla razionalizzazione dei costi di produzione e degli investimenti, nonché all’ottimizzazione degli asset del gruppo che dovrebbe prevedere il taglio di quelli meno profittevoli.
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