Non mollate i paesi emergenti. A lanciare l’appello sono gli analisti di Morningstar secondo cui questi mercati sono ancora una buona scelta. Soprattutto per chi ha visioni strategiche di lungo periodo.
Certo, a vederli oggi non ci si crederebbe che alla fine del 2012 questi asset fossero (ancora) la grande promessa di ripresa dei mercati mondiali. L’indice Msci generale delle zone in via di sviluppo da gennaio ha perso il 4,5%. Quello relativo all’America latina è sceso del 12,2% e quello dell’est Europa del 3,48%. Ha tenuto il paniere Cina con un -0,4%, in linea con l’andamento del benchmark asiatico (escluso il Giappone).
Rischi, ma solo nel breve periodo
Colpa del rallentamento economico del Paese del Drago che ha influito sulle vendite di commodity di molti paesi emergenti (che di quello vivono), della ripresa degli Stati Uniti e dei segnali di risveglio dell’Europa. Il tutto condito dalle crisi politiche in Brasile e Turchia e dai problemi infrastrutturali con cui hanno dovuto fare i conti la Russia e l’India. Elementi che hanno convinto gli investitori a spostare i loro soldi verso le zone più sviluppate del pianeta abbandonando le aree che, fino a quando non è scattata la caccia disperata al rendimento, sono sempre state sinonimo di rischio.
“E’ meglio non lasciarsi travolgere dalle preoccupazioni di breve periodo”, spiega William Rocco, analista di Morningstar. “Le prospettive di crescita economica e i profili di rischio per il lungo termine non sono cambiati nonostante la recente volatilità. Per quanto riguarda il fronte delle aziende, i fondamentali delle società che, ad esempio, beneficeranno della crescita delle spese mediche in Cina e o degli investimenti per le infrastrutture in India, sono ancora solide. Il pessimismo che ruota attorno agli emerging market, inoltre, sta creando delle buone opportunità d’acquisto per gli investitori più attenti”.
Le scelte operative
Come si traduce tutto questo in termini operativi? Il consiglio dell’analista a chi vuole aggiungere investimenti dei paesi emergenti è quello di cercare aziende che possono beneficiare della crescita della classe media nei diversi stati in via di sviluppo. “Sono quelle persone che spenderanno di più per i prodotti finanziari, per la salute, per i servizi e per i beni di consumo”, dice Rocco. “Da questo punto di vista le zone più interessanti sono il sud-est asiatico e il Messico. Anche le aziende sudcoreane sono un’opzione interessante. Le large cap del paese, ad esempio, esportano molto in zone che stanno vedendo la ripresa come gli Stati Uniti e l’Europa. Nel lungo termine, invece, beneficeranno di un aumento della domanda da parte delle zone emergenti”. La scelta degli stati su cui puntare il mirino, comunque, richiede attenzione. “Nei paesi in via di sviluppo più grandi, le aziende di maggiori dimensioni sono spesso controllate dallo stato e, a volte, non agiscono nei migliori interessi degli altri azionisti”, conclude l’analista.
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