Valerio Baselli: Buongiorno, per Morningstar, sono Valerio Baselli. Siamo a Milano, all’Etf Investment Conference, sono in compagnia di Paolo Giulianini, responsabile trading e market making di Unicredit. Grazie Paolo di essere qui.
Paolo Giulianini: Grazie a voi.
Baselli: Dunque, la conferenza sugli Etf organizzata da Morningstar è arrivata al quarto anno. Com’è cambiato il mercato europeo, e italiano, in questi quattro anni? Quali sono stati i cambiamenti principali che tu hai visto?
Giulianini: Il grosso cambiamento è stato il numero di prodotti e soprattutto il numero dei sottostanti. È aumentato di gran lunga il peso del mercato obbligazionario, mentre fino cinque anni fa gli Etf erano un investimento puramente azionario, con alcuni picchi d’investimenti sulle commodity, quando ci sono stati alcuni sconvolgimenti, e qualche volta su qualche altra asset class alternativa. Però, l’investimento sul mercato obbligazionario, sia governativo che corporate è stato forse il grosso cambiamento, cioè gli investitori hanno iniziato a utilizzare gli Etf su asset class non solo azionarie, paesi emergenti, o su nuovi indici sostenibili o non, ma comunque azionari, creati con nuove caratteristiche, ma soprattutto indici obbligazionari, sia di paesi emergenti che dell’area euro, con molto interesse.
Baselli: Nonostante il patrimonio gestito da Etf in Europa sia di lunga inferiore a quello degli Stati Uniti, il numero di prodotti quotati è maggiore, probabilmente anche per le numerose piazze finanziarie che abbiamo in Europa. Dall’inizio dell’anno c’è stata un’intensa attività di delisting, cioè di ritiro di replicanti, specialmente in Italia. Secondo le statistiche di Borsa Italiana, sono circa 60 i prodotti che sono stati ritirati da gennaio fino a oggi. Questo secondo te è un sintomo di maturazione del mercato oppure è una cosa normale che periodicamente succede?
Giulianini: Innanzitutto, occorre dire che il mercato europeo degli Etf è nato da più di 12 anni, e in Italia siamo arrivati all’undicesimo anno, quindi i prodotti sono quotati da tanti anni. I prodotti che non hanno raggiunto masse di Aum (Asset under management) consistenti, gli emittenti hanno deciso di ritirarli.
Baselli: Si parla di 100 milioni (di euro ndr) la soglia minima, tu sei d’accordo?
Giulianini: Ma in realtà è chiaramente diverso se l’indice è azionario o obbligazionario, se l’emittente riesce a vendere o inserire quell’Etf in vari sottoinsiemi, su quale indice è costruito, perché poi la management fee (commissione di gestione ndr) è solo il ricavo lordo dell’emittente, al quale vanno sotratti alcuni costi. La massa potrebbe anche essere in certi casi inferiore, però avere Etf con 10, 20, 30, 50 milioni di asset è un problema, soprattutto se sono quotati da tanti anni. Quindi è un segno di concentrazione e probabilmente è un segno anche positivo, nel senso che è importante che rimangano quotati numerosi prodotti da diversi emittenti, però con asset considerevoli.
Baselli: Restando in Italia, sempre le cifre di Borsa Italiana dimostrano come gli investitori italiani siano molto attivi dal punto di vista del trading. Innanzitutto, tu come ti spieghi questa particolarità dell’Italia nel contesto europeo e come i market maker come voi devo adattarsi a queste caratteristiche che cambiano da paese a paese?
Giulianini: Questa caratteristica dell’investitore retail o dell’investitore in Borsa, c’è sempre stata in Italia. Dal nostro punto di vista, essendo offical market maker abbiamo delle statistiche sulle diverse Borse europee. In Italia il nostro eseguito medio è tipicamente un terzo rispetto allo scambio che facciamo sulla Borsa francese, o un quinto rispetto a quella tedesca. Cioè, in Italia facciamo eseguiti da 10-11 mila euro, quando in Francia diventano 30 mila euro o 50 mila euro in Germania. Il vantaggio è che in Italia si hanno sugli Etf più scambi durante la seduta.
Un’altra particolarità dell’Italia è stata quella di introdurre l’anno scorso un’asta di negoziazione in chiusura, cosa che era presente nelle altre Borse, ma non in Italia. Questo facilita anche la possibilità di inviare ordini. Chiaramente dal nostro punto di vista, avere un mercato retail ci facilità per alcuni aspetti, perché inviando ordini sia in denaro che in lettera, aumenta la probabilità di essere colpiti e quindi non dover operare attività di hedging (copertura ndr). Dall’altra parte, il nozionale risulta inferiore, bisogna mettere assieme alcuni aspetti. Però, l’Italia è per noi un mercato cruciale e centrale.
Baselli: Perfetto. Grazie ancora a Paolo Giulianini.
Giulianini: Prego.
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