Un occhio alla bilancia e uno al portafoglio. E così l’obesità, uno dei maggiori problemi di sanità pubblica a livello mondiale, per gli operatori finanziari (notoriamente cinici quando si parla di possibilità d’investimento) si trasforma in una buona pista per andare a caccia di rendimenti.
I dati rilasciati dalla World health organization (Who) sull’obesità parlano di una vera e propria epidemia. In tutto il mondo circa un miliardo di persone soffre di quella che i manuali di medicina definiscono come “una condizione caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo, in genere a causa di un’alimentazione scorretta e di una vita sedentaria”. In termini numerici una persona si definisce obesa quando il suo indice di massa corporea (il risultato di un calcolo dell’altezza per il peso) supera la soglia limite di 30. Negli Stati Uniti il 40% degli uomini e il 48% delle donne sopra i 15 anni hanno oltrepassato questa quota. Nel Regno Unito i dati sono del 24% per la popolazione maschile e del 26% per quella femminile. In Europa e in America latina i tassi vanno dal 30% al 40% a secondo dei paesi. Dati simili si trovano in Medio oriente. Chi si salva, almeno per il momento, è l’Asia, anche se si notano incrementi preoccupanti in Cina e in Corea del Sud.
L’Italia, invece, nonostante le decantate virtù della dieta mediterranea, non è immune. Il rapporto “Health at a Glance 2013” pubblicato nei giorni scorsi dall’Ocse mostra che mentre l’obesità tra gli adulti della Penisola è piuttosto contenuta, la situazione tra i bambini è preoccupante, suggerendo quindi alti tassi di obesità anche per la popolazione adulta negli anni a venire. Più di un bambino su tre è attualmente considerato sovrappeso. Ciò pone l’Italia al secondo posto dopo la Grecia tra i paesi Ocse.
Gli aspetti economici
Secondo i dati della Who, le conseguenze economiche dell’obesità probabilmente supereranno quelle determinate, insieme, dal tabagismo e dall’Aids. In base ad alcune stime pubblicate negli Stati Uniti, il 35% delle spese sanitarie americane sono destinate a patologie legate all’obesità. Una percentuale preoccupante, considerato che la sanità pesa per il 15% sul Pil Usa. “I governi e la politica non sono ancora stati in grado di avvertire i cittadini che c’è bisogno di azioni drastiche”, spiega uno studio di Morningstar. “Ci sono voluti decenni prima che gli stati di tutto il mondo si accorgessero dei danni provocati dal fumo e prendessero dei provvedimenti. Oggi devono fare lo stesso lavoro per quanto riguarda l’obesità”. Ma la palla non è solo in mano alla politica. “I governi non possono occuparsi della questione da soli, soprattutto in un periodo in cui hanno a che fare con la crescita del deficit e le misure di austerità”, continua lo studio. “Uno sforzo devono farlo anche le aziende, per le quali, per altro, si aprono incredibili opportunità di business”.
Le scelte operative
In prima fila ci sono le aziende farmaceutiche che producono i medicinali per curare alcune condizioni legate all’obesità, come il diabete o il colesterolo alto. C’è poi tutto il segmento dedicato alla perdita di peso e alle diete controllate. Un mercato che, a livello globale, ha un valore di circa 200 miliardi di dollari. Intanto, alcune società come Coca-Cola e Pepsi, accusate di promuovere con le loro bibite uno stile di vita poco sano, stanno cercando di correre ai ripari lanciando sul mercato (con notevoli investimenti anche pubblicitari) bevande e snack più salutari.
“Un settore spesso poco considerato quando si parla di persone sovrappeso è quello dell’abbigliamento”, spiega il report di Morningstar. “E’ un comparto che, solo negli Stati Uniti vale 300 miliardi di dollari l’anno a cui gli obesi contribuiscono solo per il 20%. La colpa è soprattutto delle case di moda che, per motivi di immagine, raramente hanno linee dedicate a chi è in sovrappeso. Se queste persone avessero le stesse opportunità di scelta di quelle normopeso, allora i loro acquisti potrebbero salire a 180 miliardi all’anno. Ad accorgersene saranno gli azionisti delle società che per prime apriranno le loro boutique anche agli obesi”.
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