Sulla carta – secondo la migliore tradizione russa – il progetto è ambizioso: un nuovo segmento di mercato nella Borsa di Mosca dedicato alle società che accetteranno di avere alti standard di corporate governance e trasparenza. Certo, per il momento il progetto, che doveva partire alla fine di quest’anno, sembra ancora in alto mare. Ma il tentativo sembra indicare un cambio di mentalità da parte delle autorità finanziarie del paese.
Mosca copia San Paolo
Sul sito del Moscow Exchange, intanto, campeggia ancora una richiesta di opinioni agli investitori internazionali sulle caratteristiche che il nuovo mercato (Novo Rynok, in russo) dovrà avere. L’obiettivo dichiarato è quello di avere nei primi tre anni di attività non meno di cinque società quotate e il 50% delle contrattazioni effettuato da operatori internazionali. Il modello che i russi vogliono copiare è quello del Novo Mercado brasiliano che, dal 2004 al 2011, ha visto salire il numero di società quotate da sette a 125 e che conta per oltre il 60% dei volumi trattati al Bovespa.
Ma per avere questi numeri bisogna convincere gli investitori internazionali per molti dei quali la Russia è ancora ferma alla definizione che ne diede Winston Churchill: “Un rebus avvolto in un mistero che sta dentro un enigma”. La Borsa di Mosca, presentando il progetto a gennaio ha parlato esplicitamente di “scarsa salvaguardia degli azionisti in caso di offerte pubbliche di acquisto, passaggi di controllo, delisting, riorganizzazioni, scarsa indipendenza dei consigli di amministrazione e di una inadeguata supervisione delle transazioni”. Anche la transparency lascia a desiderare: informazioni disponibili principalmente in russo con delle differenze sostanziali fra le versioni originali e le traduzioni; pochi bilanci trimestrali e semestrali, pratiche di investor relation al di sotto degli standard e comunicazioni insufficienti riguardo alle operazioni fra parti correlate.
Russia a metà classifica
La fase di stallo in cui si trova il Novo Rynok, tuttavia, secondo gli operatori non deve far pensare che le riforme economiche e finanziarie siano rimaste nel limbo. “La Russia, nelle classifiche dei paesi con le migliori pratiche di corporate governance è passata dagli ultimi posti alle posizioni di mezzo con un salto di 20 posizioni nell’ultimo anno”, spiega Daniele Mellana, responsabile per l’Italia di East Capital, società di gestione specializzata nell’est Europa. Una parte del merito di questo progresso va proprio agli investitori istituzionali esteri che, attraverso la loro associazione, stanno facendo pressione perché le cose cambino. “Sta aumentando il numero dei consiglieri indipendenti all’interno dei Cda e ci sono nuovi piani di incentivo per i manager legati ai risultati”, continua Mellana. “del resto le aziende guidate dagli oligarchi sono sempre meno e assomigliano sempre di più a quelle occidentali”. Risultati che, secondo East Capital, gettano una nuova luce su una regione, impossibile da lasciar fuori dai portafogli. “Le previsioni più conservative parlano di una crescita del paese del 2%”, spiega. La disoccupazione è al 5%: il minimo storico e, di fatto, una situazione di piena occupazione. Il rapporto debito Pil è al 10%, il più basso al mondo”. Da inizio anno (fino al 26 novembre e calcolato in euro) l’indice Msci Russia ha perso il 2,85%. Un andamento che, in parte, è frutto di quello che gli operatori chiamano “deficit democratico” del paese.
Le scelte operative
Dal punto di vista operativo conviene orientarsi sui segmenti e le azioni legati alla crescita interna di lungo periodo. “Fra questi ci sono i titoli dei consumi discrezionali e di base che, nel tempo, vedranno le valutazioni più alte”, spiega Mellana. “Un altro segmento interessante è quello del turismo. In Russia, si vola meno che in passato all’interno dei confini del paese. Ma la tendenza sta cambiando di mese in mese, per cui vale la pena tenere d’occhio anche questo settore”.
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