Punti chiave
- L’indice dei mercati di frontiera è stato meno volatile di quello emergente negli ultimi 15 anni.
- In Italia, sono disponibili sei fondi comuni dedicati a questa asset class.
I paesi emergenti e i mercati di frontiera non sono la stessa cosa. A ricordarcelo, ci sono le performance. I secondi, infatti, hanno registrato un 2013 molto positivo, con l’indice Msci Frontier Markets in rialzo del 19% circa da inizio anno, contro il -7,8% dell’Msci Emerging Markets (dati in euro al 16 dicembre). Come mai c’è stata una tale discrepanza nelle performance?
L’andamento dei paesi in via di sviluppo è stato molto deludente per diverse ragioni. In parte a causa delle continue notizie nel corso dell’anno sul possibile tapering della Federal Reserve (la quale ha ufficialmente dichiarato la settimana scorsa che da gennaio partirà una riduzione degli acquisti sul mercato di titoli immobiliari e del Tesoro americano per 10 miliardi di dollari al mese), in parte a causa della frenata della crescita economica in molti stati emergenti.
Quando si parla di mercati emergenti, si corre spesso il pericolo di farne un unico calderone. In realtà, investire in India è molto diverso dall’investire in Venezuela, che a sua volta è molto diverso dal Vietnam o dall’Egitto.
Un passo indietro
I paesi di frontiera, come la Nigeria o il Pakistan, si trovano in una fase di sviluppo ancora embrionale, anche rispetto ai mercati emergenti, e alcuni stanno entrando in un periodo di crescita medio-alta, grazie soprattutto alla spinta demografica, alla spesa per infrastrutture e al miglioramento delle condizioni economiche. Le innovazioni nel settore dei servizi finanziari in Africa, ad esempio, produranno una rapida espansione del credito e dei servizi bancari a basso costo, i quali a loro volta potranno sostenere con più vigore la nascita di nuovi business.
Meno volatili (ma sempre rischiosi)
“Nonostante le economie di frontiera siano meno sviluppate rispetto ai mercati emergenti, l’Msci Frontier Index è stato meno volatile rispetto all’Msci Emerging Markets Index negli ultimi 15 anni”, afferma Patricia Oey, analista di Morningstar, in una nota. “Parte di questo è dovuto al fatto che i singoli paesi di frontiera hanno una bassa correlazione l’uno con l’altro. Un’altra ragione risiede nel livello relativamente contenuto di proprietà straniera delle azioni di questi paesi”.
“Uno dei principali fattori di volatilità dei mercati emergenti negli ultimi anni è stato il fatto di essere considerata un’asset class risk-on durante le diverse fasi di risk-on e risk-off (cioè una classe di attivo da comprare in momenti di ottimismo e da vendere subito in momenti di pessimismo, Ndr). Questo fenomeno non ha colpito i mercati di frontiera, propri grazie alla bassa penetrazione degli investitori stranieri”.
Tuttavia, i rischi collegati ai paesi di frontiera sono ben noti: instabilità politca, tensioni sociali, corruzione, un contesto normativo debole e dei mercati finanziari illiquidi e non sviluppati. Basta ricordare che, durante le rivolte egiziane del 2011, la Borsa del Cario restò chiusa per 40 giorni.
L’offerta italiana
Gli investitori italiani possono esporsi ai mercati di frontiera scegliendo tra sei diversi fondi comuni, come riportato nella tabella seguente. Gli analisti di Morningstar invitano sempre alla cautela quando si sceglie di investire in un’asset class di nicchia come questa e suggeriscono di dedicare al massimo una piccola porzione di un portafoglio molto diversificato.
Fondi della categoria Morningstar Azionari mercati di frontiera per rendimento da inizio anno
Dati in euro al 16 dicembre 2013, al lordo dell'imposta sul Capital gain
Nell’elenco non è presente il fondo Morgan Stanley Investment Funds Frontier Emerging Markets Equity (ISIN LU0898765168), lanciato il 28 marzo 2013 (performance a sei mesi pari a +7,38%)
Fonte: Morningstar Direct
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