Piazza Affari viaggia ancora sganciata dall’economia italiana. I numeri macro, infatti, continuano a fotografare una situazione interna che suggerirebbe un andamento prudente piuttosto che grandi galoppate. L’indice Msci del Belpaese nell’ultimo mese (fino al 24 gennaio e calcolato in euro) ha guadagnato il 3,7%. Un passo dettato dalla particolarità dei listini milanesi, dove a dare la cadenza sono pochi grandi titoli che risentono più delle prospettive di ripresa globale che della situazione domestica.
Il quadro macro
Lo scenario congiunturale, infatti, continua a essere delicato. Secondo i dati elaborati dall’Istat, nel terzo trimestre 2013, il rapporto fra deficit e Pil (Prodotto interno lordo) è stato del 3%, superiore di 1,6 punti rispetto allo stesso periodo del 2012. In nove mesi il dato è stato pari al 3,7% con un incremento di 0,3 punti percentuali sull’anno.
La produzione industriale, a novembre 2013, è salita dello 0,3% congiunturale (indice destagionalizzato), ma è scesa dell’1,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. Si tratta del quarto mese che la produzione non registra risultati congiunturali negativi e del terzo rialzo consecutivo. In undici mesi la produzione è scesa del 3,4% tendenziale. La produzione è salita dell’1,4% su anno (20 giorni lavorativi contro i 21 di novembre 2012), il primo rialzo annuo per questo indice dopo 26 mesi, e scesa del 3,1% in undici mesi.
Il tasso di disoccupazione è salito a novembre al 12,7% con un aumento di 0,2 punti percentuali su ottobre e di 1,4 punti su anno. La situazione resta sempre al livello record dal 1977. Il numero dei disoccupati è pari a 3 milioni 254mila. La crescita tendenziale della disoccupazione è più forte per gli uomini (+17,2%) che per le donne (+6,1%).
Meglio essere prudenti
“In Italia il Pil, sostenuto dalle esportazioni e dalla variazione delle scorte, ha interrotto la propria caduta nel terzo trimestre del 2013”, spiega l’ultimo Bollettino della Banca d’Italia. “Sulla base dei sondaggi e dell’andamento della produzione industriale, la crescita del prodotto sarebbe stata appena positiva nel quarto trimestre. Gli indici di fiducia delle imprese sono ancora migliorati in dicembre, collocandosi sui livelli osservati all'inizio del 2011”.
Il quadro congiunturale è tuttavia molto diverso, a seconda delle categorie di imprese e della localizzazione geografica. Al miglioramento delle prospettive delle imprese industriali di maggiore dimensione e di quelle più orientate verso i mercati esteri, si contrappone una situazione ancora sfavorevole per le aziende più piccole, per quelle del settore dei servizi e per quelle meridionali. Le proiezioni sull’economia per il prossimo biennio confermano le indicazioni, presentate un anno fa e ribadite a luglio, che prefiguravano un punto di svolta dell’attività a fine 2013. Quest'anno si registrerebbe una moderata ripresa dell'attività economica, che accelererebbe, sia pur in misura contenuta, l'anno prossimo: il Pil crescerebbe dello 0,7% quest’anno e dell’1% nel 2015.
La ripresa potrebbe essere trainata dalla richiesta estera e dalla graduale espansione degli investimenti produttivi, favoriti dal miglioramento delle prospettive di domanda e dalle accresciute disponibilità liquide delle imprese, grazie anche al pagamento dei debiti commerciali pregressi da parte delle amministrazioni pubbliche. Le condizioni del credito potrebbero rimanere però ancora tese. Il rapporto tra investimenti e Pil rischia di restare al di sotto della media storica. Potrebbero essere deboli i consumi. Il miglioramento dell’economia si trasmetterebbe con i consueti ritardi alle condizioni del mercato del lavoro e l’occupazione potrebbe tornare a espandersi solo nel 2015.
In generale, Bankitalia preferisce la prudenza. “I rischi per la crescita, rispetto a questo scenario, restano orientati verso il basso”, dice il report. “Se le condizioni di accesso al credito rimanessero restrittive più a lungo di quanto prefigurato o se i pagamenti dei debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche registrassero ritardi, la ripresa degli investimenti sarebbe posticipata. Il riaccendersi di timori sulla determinazione delle autorità nazionali nel perseguire il consolidamento delle finanze pubbliche e nell’attuare le riforme strutturali, o di quelle europee nel proseguire nella riforma della governance dell’Unione, potrebbe riflettersi sfavorevolmente sui tassi di interesse a lungo termine. Il rischio di una deflazione generalizzata resta nel complesso modesto, ma il calo dell'inflazione potrebbe essere più accentuato e persistente di quanto prefigurato, specie se la debolezza della domanda si riflettesse sulle aspettative”.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.