Piazza Affari continua a scommettere su una ripresa dell’economia dell’Italia. L’indice Msci relativo alla Penisola nell’ultimo mese (fino al 24 febbraio e calcolato in euro) ha guadagnato il 5,8%, portando +8,1% la performance da inizio anno. Andamenti che si giustificano con la corsa dell’intera Eurolandia di cui, sperano gli operatori, anche il Belpaese riuscirà ad approfittare.
Il quadro macro
Nel frattempo sul fronte domestico la situazione resta delicata. Nel 2013, il Pil è sceso dell’1,9%, secondo i dati corretti per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati gli stessi del 2012). Si tratta della stima Istat, che differisce dai dati definitivi del Pil, con tutte le sue componenti, in calendario per il 3 marzo. Nel quarto trimestre 2013, il Pil (corretto e destagionalizzato) è aumentato dello 0,1% congiunturale, il primo rialzo dal secondo trimestre 2011, e diminuito dello 0,8% tendenziale, il calo più contenuto dal quarto trimestre 2011. La produzione industriale è diminuita del 3% nel 2013.
La Commissione europea, intanto, ha migliorato la stima di deficit/Pil italiano quest’anno passando dal 2,7% (previsione di novembre) al 2,6%. Per il 2015 ora prevede 2,2% mentre a novembre parlava del 2,5%. Per quanto concerne il rapporto debito/Pil, la Commissione stima che quest’anno l’Italia raggiungerà il picco massimo: 133,7% dopo 132,7% nel 2013. L’anno prossimo calerà a 132,4%, una discesa che Bruxelles indica "leggera".
I fari sulla Penisola
La situazione italiana è stata oggetto di colloqui all’ultimo G20 in cui si è discusso, fra le altre cose, del documento “Obiettivo crescita”, pubblicato dall’Ocse in cui viene fatto il check up delle riforme strutturali realizzate dal 2012 nei Paesi industrializzati. La lista di priorità per la Penisola resta lunga: va dalla riforma del lavoro, all’istruzione, alle privatizzazioni, al rispetto della legge e ai tempi della giustizia, fino alla tassazione (tema su cui l’Ocse raccomanda semplificazione), alla lotta all’evasione e alla riduzione della pressione sui salari più bassi. “Svariati anni di consolidamento fiscale, bassa fiducia e scarso credito hanno lasciato l’Italia con un tasso di disoccupazione a doppia cifra e nessun chiaro segnale di una rapida ripresa”, dice il documento. La Penisola è al sesto posto tra i 34 Paese aderenti all’Organizzazione con un tasso di disoccupazione oltre il 12%. Il rapporto sottolinea la necessità di riequilibrare la protezione del lavoro, riducendola in alcuni tipi di contratto e migliorando la rete di salvataggio del welfare. Per ridurre il rischio della disoccupazione di lungo termine, l’Ocse raccomanda di rafforzare le politiche attive del lavoro. Sul fronte delle tasse, l’Organizzazione raccomanda di “migliorare la struttura delle imposte, semplificando il codice fiscale, combattendo l’evasione fiscale e, quando la situazione di bilancio lo permetterà, riducendo il cuneo fiscale sui lavoratori a basso reddito”. Vanno inoltre ridotte le barriere alla concorrenza “rafforzando il rispetto della legge a tutti i livelli di Governo, riducendo la proprietà pubblica e i ritardi della giustizia civile”.
L’Ocse ha ribadito anche che va migliorata l’equità e l’efficienza del sistema di istruzione, sia per utilizzare meglio i fondi, sia per migliorare le possibilità di quanti hanno basse qualifiche. Il rapporto per altro prende nota anche delle riforme fatte negli ultimi due anni, come l'assegno di disoccupazione universale, i maggiori poteri dati all’Antitrust e la liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi. Con la postilla tuttavia, che “vanno fatti altri sforzi per assicurarsi l’effettiva attuazione delle riforme”.
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