Per seguire gli sviluppi delle crisi europee gli operatori finanziari rischiano di diventare strabici. Ma continuano a essere ottimisti sul futuro della regione e su quello dei suoi mercati azionari.
Il primo elemento a catalizzare l’attenzione è stato la crisi in Ucraina dove, dopo mesi di proteste (degenerate poi in veri e propri scontri con vittime), il presidente, Viktor Yanukovich, ha firmato un documento per indire nuove elezioni e varare riforme costituzionali. Il Parlamento ha poi deciso di rimuovere il capo dello Stato, che sarà processato da una corte internazionale. Le tensioni, tuttavia continuano. Secondo il presidente ad interim, Oleksander Turchynov, il principale pericolo per il paese sono i crescenti desideri di separatismo. Un allarme concentrato nella parte orientale del paese. A Sebastopoli, in 20 mila sono scesi in piazza lunedì al grido di “Russia Russia”, ritenendo legittima la proclamazione, avvenuta domenica senza che ci fosse stato un voto, di Aleksey Chaly a sindaco della città. Un colpo di mano che l’amministrazione locale ha definito illegale.
Le occasioni in Ucraina
Il Governo temporaneo ucraino, intanto, ha detto di aver bisogno di un aiuto finanziario da 35 miliardi di dollari. Una mano potrebbero darla l’Unione europea e il Fondo monetario internazionale, mentre la Russia ha messo in dubbio la legittimità della transizione politica e ha bloccato un aiuto da 15 miliardi di dollari. La situazione potrebbe rimanere in fase di stallo almeno fino alle prossime elezioni in calendario a maggio.
Gli operatori, tuttavia, vedono il bicchiere mezzo pieno. “Il rischio di default dell’Ucraina si è ridotto dopo che l’Ue si è detta pronta a fornire aiuti finanziari al Paese”, spiega una nota firmata da Zsolt Papp, Specialist sugli investimenti in reddito fisso dei mercati emergenti per Union Bancaire Privée. “Le riserve valutarie in dollari, nel 2014, ammontano a 17,5 miliardi rispetto a pagamenti del debito estero di circa 7 miliardi. Per quanto riguarda le società attive nel Paese, monitoriamo con attenzione DTek, che genera il 30% dell’energia elettrica nazionale, e Metinvest, che produce il 45% dell’acciaio. Queste società sono profittevoli e generano flussi di cassa positivi. In caso di una forte svalutazione della valuta locale contro il dollaro e senza ulteriori controlli valutari imposti dal Governo, queste società dovrebbero essere in grado di far fronte al proprio debito nel medio termine. Inoltre hanno la flessibilità necessaria a ridurre la distribuzione di dividendi e le spese al fine di preservare la liquidità”.
Renzi e il Fiscal compact
Ma lo sguardo degli investitori è rivolto anche verso l’Italia, dove il governo guidato dal segretario del Pd, Matteo Renzi, ha preso il posto (facendo venire qualche mal di pancia a molti parlamentari ed elettori) di quello del compagno di partito, Enrico Letta. Un passaggio di consegne che per il momento sembra non dispiacere agli operatori che, tuttavia, restano in stato di allerta. “Da tempo si parla di Renzi come della speranza dell’Italia per un futuro migliore”, spiega uno studio firmato da Dennis Shen e Darren Williams, economisti di AllianceBernstein. “Per cui non deve sorprendere la reazione positiva dei mercati finanziari ai recenti sviluppi politici del paese. Per mantenere la fiducia, tuttavia, il premier ha bisogno di ottenere risultati tangibili in fretta. E questo, secondo noi, non sarà facile”. I problemi del nuovo esecutivo, secondo gli operatori, non saranno solo di natura politica (a molti non è piaciuto il modo in cui è stato scalzato Letta né il fatto che il nuovo governo sia nato senza elezioni).
Uno dei fattori determinati per il futuro sarà la gestione del fiscal compact (il meccanismo introdotto nel pieno della crisi del debito del Vecchio continente per rafforzare la disciplina fiscale nell’area Euro). “Le richieste di maggiore severità sono state largamente ignorate da tutti i Paesi. Tranne dall’Italia, dove la questione sta diventando sempre più calda”, continua lo studio. “Il Paese per adempiere alle richieste deve procedere a tagli radicali fra il 2015 e il 2016 per assicurarsi che il debito pubblico cali al ritmo richiesto dal Fiscal compact (3,5% del Pil all’anno). Un’operazione di questa portata rappresenterebbe un suicidio economico e politico per l’Italia. Se il nuovo primo ministro sarà in grado di dimostrare agli altri paesi dell’area euro che le sue riforme economiche possono portare a una crescita, allora potrebbe ottenere un po’ di flessibilità sull’attuazione delle politiche fiscali. In caso contrario il suo potere contrattuale si indebolirebbe e si troverebbe in una posizione molto difficile”.
L’Europa resta un’occasione
In mezzo a queste situazioni delicate gli operatori finanziari vedono opportunità di investimento. “I mercati equity europei continuano a essere interessanti se confrontati sia con i livelli storici, sia con il mercato equity globale”, spiega Can Elbi, gestore del fondo JB Europe Focus di Swiss & Global asset management. “I multipli del rapporto prezzo-utili, attorno ai 13,6, rispetto al livello storico di 14, sembrano ragionevoli anche alla luce dell’attuale fase del ciclo. Le stime a 12 mesi degli utili per azione relative all'equity europeo sono rimaste quasi invariate negli ultimi due anni e sono del 32% inferiori all’ultimo picco del 2008. Gli utili potrebbero crescere di un 30-40% tra il 2014 e il 2016, trainati dal miglioramento dell’economia degli Stati Uniti e dell’Europa e da una significativa leva operativa. Nonostante un avvio volatile, quindi, siamo molto positivi sull’equity europeo, con un potenziale ritorno tra il 10% e il 15% nel 2014”.
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