Punti chiave
- Per il momento, il conflitto militare sembra scongiurato, ma se le cose dovessero precipitare il mercato energetico sarebbe quello più esposto, con possibili ripercussioni sulla fragile ripresa dell’Eurozona.
- L’Unione europea ha dichiarato che aiuterà l’Ucraina a pagare il debito di due miliardi di dollari nei confronti di Mosca, per rifornimenti di gas.
- Gli investitori non devono farsi prendere dal panico. Il default ucraino è improbabile nonostante il rating e ci sono altri paesi, tra cui Polonia e Russia, che offrono comunque ottime opportunità nel lungo periodo. Per il momento, è forse meglio aspettare.
I carri armati russi hanno fatto dietro front, lasciandosi alle spalle i confini ucraini e tornando alla base. Per ora, lo scontro armato sembra essere stato scongiurato. Eppure, nonostante la calma apparente, il difficile arriva adesso. Quello che sembrava un problema domestico si è trasformato in una vera e propria crisi geopolitica, che potrebbe prendere strade inaspettate, e i mercati finanziari ne risentono (l’indice Msci Eastern Europe ha perso il 13% nell’ultima settimana, dati in euro al 3 marzo, mentre il rublo russo nei confronti del dollaro è sceso fino ai minimi del 2009).
Mercato energetico ago della bilancia
In situazioni del genere, è sempre difficile per gli investitori districarsi tra i rischi di un crollo verticale e le opportunità di un’area emergente come quella est europea. L’Ucraina, nello specifico, è da sempre un paese diviso a metà, con un’anima russa a est e una filoeuropea a ovest. “Sia la Russia sia l’Ue hanno più da guadagnare dal mantenimento dell’integrità territoriale dell’Ucraina rispetto a un’eventuale secessione del paese in due o più entità”, commenta Zsolt Papp, specialista obbligazionario mercati emergenti di Union Bancaire Privée. “L’Ucraina resta infatti un transito importante per il gas russo e per questo Mosca punta innanzitutto alla presenza di un governo stabile a Kiev. Potremmo aspettarci che sia Mosca che Bruxelles gradualmente tenderanno a ridurre la tensione e alleggerire il linguaggio”.
La grossa preoccupazione è infatti rappresentata dal mercato energetico. “Se le cose dovessero degenerare, l’impatto sui paesi occidentali sarebbe rappresentato principalmente dall’aumento dei prezzi di petrolio e gas”, afferma Maarten-Jan Bakkum, senior strategist di Ing IM specializzato sui mercati emergenti. “Per i paesi europei, la Russia è una parte importante nel mercato energetico e molto gas arriva in Europa attraverso l’Ucraina. Senza dimenticare che Germania e Olanda hanno interessi enormi in Russia”.
Mosca ha minacciato di tagliare la fornitura di gas in altre occasioni e ciò potrebbe accadere di nuovo adesso. “Naturalmente, questa situazione è da scongiurare, tanto più con una ripresa economica ancora così fragile”, prosegue Bakkum. “Ripresa che, nel peggiore dei casi, potrebbe vacillare proprio a causa di maggiori costi energetici”.
A riprova di quanto sia importante scongiurare una tale situazione, ieri sera il commissario europeo all’energia Guenther Oettinger ha dichiarato che l’Unione aiuterà l’Ucraina a regolare il debito di due miliardi di dollari per l’acquisto del gas russo. L’intervento della Commissione sarà completato da aiuti di alcuni Stati, e anche il miliardo di dollari annunciato dagli Usa servirà a pagare gas proveniente dalla Russia.
Separare la politica dai dati economici
Secondo lo specialista di UBP, nel peggior scenario economico possibile, da una corsa agli sportelli in Ucraina nascerebbe la necessità di ricapitalizzare le banche del paese. Russia, Austria e Ungheria sarebbero i paesi maggiormente esposti. Lo sganciamento della valuta ucraina ha già colpito il rublo russo, ma le conseguenze sulle altre monete sono state, finora, limitate. Infatti, la liberalizzazione del tasso di cambio della hryvnia ucraina è stata la mossa giusta della Banca nazionale dell’Ucraina, poiché libera l’Istituto centrale dalla necessità di mantenerlo artificialmente sopravvalutato. Il lato negativo è il rischio di una maggiore inflazione, sebbene gli attuali livelli siano molto bassi (0,5% a gennaio).
Spettro default
Nelle ultime settimane, i tre giganti del rating S&P, Moody’s e Fitch hanno abbassato il giudizio sul debito sovrano ucraino a CCC con outlook negativo, in pratica a un passo dal default finanziario. Tuttavia, è importante per gli investitori non farsi prendere dal panico da questo susseguirsi di notizie. “Guardando all’Ucraina, è importante riuscire a separare il dibattito politico dai fatti. Nelle ultime settimane gli obblighi legati al debito estero del paese non sono cambiati”, a gettare acqua sul fuoco è ancora Zsolt Papp. “Le riserve di valuta estera dell’Ucraina ammontano inoltre a 15 miliardi di dollari, sufficienti a far fronte agli impegni sul debito estero. Se l’Ucraina dovesse poi riuscire ad assicurarsi un prestito dell’Fmi, rispettare gli impegni sugli Eurobond non dovrebbe essere assolutamente un problema”.
Puntare sul debito corporate in valuta forte
Il maggior rischio resta legato al quadro politico ed è costituito da un serio peggioramento della situazione in Ucraina affiancata da un’elevata incertezza politica in Turchia. Questi rischi sono difficili da quantificare, tuttavia, il solo fatto che esistano sarà probabilmente sufficiente a far persistere la volatilità della regione su livelli elevati. L’Europa centro-orientale, soprattutto la Polonia, è in una posizione migliore, poiché la maggior parte dei paesi dell’area hanno irrigidito le proprie politiche fiscali e ridotto i deficit delle partite correnti. Sebbene questi elementi non li isolino da eventuali conseguenze negative, dovrebbero però mitigarne l’impatto.
“A conti fatti, gli eventi in corso in Ucraina hanno dato sostegno alla nostra visione, indirizzata a privilegiare il debito corporate, in particolare denominato in valuta forte (euro o dollaro) ed emesso da società orientate all’export, rispetto al debito sovrano, specialmente se denominato in valuta locale”, conclude Papp.
Russia, meglio aspettare
In termini di prospettive economiche per la Russia, si deve guardare oltre questa crisi. “La Russia ha ancora un surplus delle partite correnti e i prezzi del petrolio sono relativamente stabili”, spiega Maarten-Jan Bakkum. “Anche le valutazioni delle società russe restano positive, ma per il momento gli investitori non dovrebbero cominciare a considerare seriamente di investire in Russia. A mio parere, è ancora troppo presto per iniziare a comprare”.
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