Imprevedibilità. Rischia di essere questa, dicono gli operatori, la cifra stilistica che caratterizzerà il mandato di Janet Yellen, nuovo presidente della Federal Reserve. Meglio, aggiungono gli investitori, prepararsi a far muovere i portafogli. La critica al primo presidente donna della Banca centrale Usa non è “di genere”. Quando alla fine dell’anno scorso è circolato il suo nome come successore di Ben Bernanke, sono saltate fuori alcune dichiarazioni del 2008 (quando era a capo della Fed di San Francisco) in cui, nel pieno della crisi scatenata dai subprime, ventilava l’arrivo di una recessione che in realtà era già in corso e si diceva sicura che i tassi Usa sarebbero saliti (la storia poi è andata in altro modo).
In uno sforzo di chiarezza nel suo primo intervento davanti al congresso Usa, ha esordito indicando esattamente quale sarebbe stata la strategia del suo mandato: “Vorrei sottolineare che mi aspetto una forte continuità nell’approccio del Fomc (il braccio operativo della Fed, Ndr) sul fronte della politica monetaria. Ho fatto parte del Comitato che ha formulato l’attuale strategia di politica e la supporto con decisione”. Avanti con il tapering (la progressiva riduzione delle iniezioni di liquidità), quindi, sempre che le condizioni macro lo consentano e anche dopo che la fase congiunturale si sarà stabilizzata. E tassi bassi anche quando la disoccupazione sarà scesa sotto la soglia del 6,5%.
Una franchezza che non è stata apprezzata da tutti. “Un presidente della Fed non ha il lusso di poter impostare la sua politica sulla continuità. Nemmeno a parole”, spiega uno studio firmato da Richard Clarinda, vice presidente e global strategic advisor di Pimco. “La disoccupazione presto potrebbe scendere sotto la soglia del 6,5%. Inoltre, se la Fed continuerà sulla strada aperta da Bernanke di ridurre le iniezioni di liquidità a ogni riunione, allora il tapering sarà finito entro il 2014. A quel punto il mercato potrebbe costringere la Yellen a rivedere la sua tabella di marcia”.
Occhio agli emerging
Il problema con cui possono trovarsi ad avere a che fare i mercati è legato a un eccesso di volatilità: una situazione che trova terreno fertile quando, ad esempio, le dichiarazioni di programma delle Banche centrali vengono smentite dai loro comportamenti. Fra le vittime di un comportamento imprevedibile della Fed potrebbero esserci i paesi emergenti. “A questi mercati manca la liquidità di quelli sviluppati”, spiega uno studio di Merk Mutual Fund (Mmf). “Anche un piccolo innalzamento della volatilità può creare importanti movimenti in uscita dei capitali”. Un esempio recente si è avuto nella primavera dell’anno scorso quando la Banca centrale Usa ha iniziato a ventilare l’ipotesi del tapering. “I mercati emergenti più sviluppati (quelli cioè che hanno un sistema normativo affidabile, un sistema bancario maturo e un mercato del reddito fisso credibile) sono quelli meglio equipaggiati per far fronte a una crescita della volatilità”, continua lo studio di Mmf. “I più credibili sono quelli dell’Asia”.
La prudenza vince
In generale il consiglio degli operatori è quello di muoversi con prudenza. “Ci sono elementi che indicano la presenza di alcune bolle speculative”, dice una nota di Morningstar. “L’acquisizione di WhatsApp da parte di Facebook per 19 miliardi di dollari potrebbe essere un segnale in questo senso. Con le Banche centrali fortemente impegnate a mantenere liquidi i mercati, inoltre, può capitare che i prezzi delle azioni non riflettano i valori reali dei fondamentali. Per combattere l’imprevedibilità degli istituti di politica monetaria di solito l’oro e gli strumenti ad esso collegati rappresentano un buon asset di diversificazione del portafoglio”.
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