Apache torna in America, ma questo non inciderà sulla redditività di lungo periodo della compagnia energetica statunitense. La pressione dei suoi azionisti e degli attivisti americani ha indotto l’azienda a dismettere alcune sue attività in Egitto e nel Golfo del Messico per un totale di circa otto miliardi di dollari.
Le previsioni degli analisti
Questo avrà senza dubbio nel breve termine un negativo impatto sulla produzione, nonché sul livello delle riserve e sui flussi di cassa, ma i nostri analisti si aspettiamo che Apache emerga più snella e con più capitale da investire in aree ancora poco esplorate come il bacino Permiano nella parte occidentale del Texas e in New Messico Nuovo Messico. Le previsioni dei nostri analisti sono per un nuovo calo del fatturato nel 2014 (dopo il -7,7% di quest’anno), che poi si riprenderà nei quattro anni successivi crescendo a un tasso mediodell’8%. I margini di profitto, invece, torneranno più lentamente sui livelli del 2012. Il mercato ha fortemente penalizzato le azioni Apache dopo i negativi risultati degli ultimi due anni e il titolo è precipitato dai massimi di inizio 2011 (quando il prezzo stazionava stabilmente sopra i 110 dollari) sotto quota 70 dollari.
Portafoglio bilanciato
I nostri analisti continuano a essere fiduciosi sulle prospettive di lungo termine della compagnia energetica e stimano un prezzo obiettivo pari a 107 dollari, ipotizzando quindi un apprezzamento delle azioni del 25% circa. Il portafoglio di Apache include un mix di attività ben bilanciate tra petrolio e gas e tra siti maturi e a basso grado di sfruttamento. Ma sono anche fortemente diversificate dal punto di vista geografico, con interessi in Australia, Messico ed Egitto che alimentano oltre il 50% della produzione e delle riserve. Questo permette al gruppo di ridurre il rischio legato al singolo progetto e di neutralizzare con più efficacia l’oscillazione dei prezzi delle materie prime.
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