L'Europa riapre il varco per gli emerging

Gli operatori tornano a guardare alle zone in via di sviluppo. La strategia è la stessa di qualche tempo fa: caccia alle aziende del Vecchio continente di qualità con una buona esposizione nelle aree in crescita.  

Marco Caprotti 08/04/2014 | 15:32
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L’Europa torna a essere la porta attraverso la quale rientrare sui mercati emergenti. Almeno dal punto di vista degli investimenti finanziari. La strategia di comprare asset del Vecchio continente con una buona esposizione sugli emerging sembrava essere passata di moda con il risveglio dei mercati sviluppati che ha portato gli investitori a fare scelte di stock picking sulle aziende che possono sfruttare la ripresa globale.

La caccia alle opportunità di crescita, tuttavia, sta spingendo gli operatori a riconsiderare le zone in via di sviluppo e, oggi come in passato, utilizzando società che forniscano garanzie in termini di numeri e di corporate governance. “La crisi che da qualche tempo sta attraversando i mercati emergenti ha fatto tornare interessanti le valutazioni di quelle zone. Soprattutto in un periodo in cui gli asset delle aree sviluppate iniziano ad avere prezzi un po’ troppo alti”, spiega Patricia Oaey, analista di Morningstar. “Le zone in via di sviluppo, tuttavia, presentano ancora dei rischi che si possono aggirare investendo sulle azioni delle aziende europee che lavorano in quelle aree e che, per un investitore occidentale, sono più facili da tenere d’occhio”.

L’importanza della qualità
La parola d’ordine degli operatori interessati agli emerging sembra essere qualità. “Abbiamo notato che un buon numero di gestori di fondi per spostarsi nelle aree in via di sviluppo cerca aziende con determinate caratteristiche”, continua Oaey. “Fra queste ci sono gli alti rendimenti sul capitale investito, un vantaggio competitivo sostenibile, basso debito, un buon management e alti flussi di cassa. Tutti elementi che si trovano in parecchie aziende europee che lavorano in quelle zone”.

Nonostante l’atteggiamento prudente di molti investitori, intanto, i mercati emergenti non fermano il processo di riforme che hanno iniziato quando le cose andavano meglio. “Un esempio in questo senso è l’Indonesia, considerata uno dei mercati emergenti più fragili”, continua l’analista. “Tuttavia le prospettive di medio termine continuano a essere positive grazie ai consumi privati, a una popolazione giovane e agli investimenti nelle infrastrutture”.

Le scelte operative
Ma quali sono le aziende che fanno i migliori affari nelle zone in via di sviluppo? “In cima continuano a esserci quelle che delocalizzano la produzione come H&M o Adidas”, dice Oaey. “Poi ci sono quelle, come Volkswagen e Renault, che portano in quelle zone il know-how e, attraverso accordi con produttori locali, cercano di formare delle barriere contro la futura concorrenza che questi paesi un giorno potrebbero fare”. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
adidas AG217,50 EUR-0,32Rating
Hennes & Mauritz AB ADR2,75 USD-0,72
Renault SA41,33 EUR0,27
Volkswagen AG85,70 EUR-0,81

Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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