Gli italiani scelgono sempre di più l’estero per i loro investimenti. Secondo una ricerca condotta da Legg Mason (su un campione di 4mila investitori tra i 40 e i 75 anni, con un patrimoni medio di 1 milione e 700mila dollari Usa sparsi in 20 paesi) l’86% degli abitanti della Penisola investe quasi un terzo del proprio capitale oltre confine. Si tratta della più alta percentuale riscontrata tra i principali paesi europei: infatti, nel Regno Unito chi investe all’estero è il 71%, il 68% in Francia, il 64% in Spagna e il 61% in Germania. Il dato italiano è uno dei più alti anche a livello globale (78% in Usa, 71% in Corea del Sud, 60% in Australia, 59% in Giappone, 33% in Brasile). Solo la Cina batte lo Stivale con l’87%.
Per quanto riguarda gli asset in portafoglio la situazione è la stessa (anche se con altre percentuali). Il 31% degli asset degli investitori italiani è allocato oltre i confini nazionali (di nuovo la più alta percentuale europea) contro il 18% registrato tra gli investitori in Inghilterra, il 16% in Germania, il 15% in Spagna e il 13% in Francia. Più del doppio, inoltre, di quanto registrato tra gli investitori di Usa (14%), Australia (13%) e Brasile (11%) e, in questo caso, anche molto più della Cina (18% del portafoglio).
Più estero, maggior rendimento
Il 59% di coloro che investono fuori dall’Italia si dichiara anche molto più attento, rispetto a cinque anni fa, alle opportunità da cogliere. Alla domanda sulla ragione di questo cambiamento di rotta nel tempo, gli intervistati rispondono che sperano di ottenere una maggior rendita rispetto a quella offerta dal mercato nazionale (56%) e di riuscire a diversificare meglio il rischio (55%).
Più di un italiano su tre sottolinea che negli ultimi due anni l’approccio più global ha avuto un impatto positivo sul rendimento. E, anche in quest’occasione, si tratta della percentuale più alta fra gli investitori europei.
Cresce l’equity
Il 31% del portafoglio è investito nel reddito fisso. A seguire si trovano la liquidità e il real estate (entrambi al 21%). In coda, l’azionario con il 17%. Solo un 5% è dedicato agli investimenti non tradizionali. Secondo l’indagine (che ha analizzato anche le intenzioni di investimento nei prossimi mesi) l’obbligazionario sarà ancora l’asset class di riferimento in Italia. Ma c’è anche un maggiore interesse per l’azionario, a testimonianza della tendenza alla “great rotation” in atto. Il 30% ha infatti intenzione di aumentare la percentuale investita nel reddito fisso, seguito però da un 26% che punta ad aumentare la quota in fondi equity. A livello geografico, il 53% di coloro che già investono oltre confine o che si dichiarano fortemente propensi a farlo, ritiene che nei prossimi mesi le opportunità più interessanti siano nei mercati emergenti.
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